martedì 14 aprile 2015

LA PESTE VERDE

Amo l’ulivo, come pianta, come albero, come monumento naturale.
E’ bellissimo, affascinante, possente e straordinario. Una scultura irregolare dalle forme fantasiose e libere, che ricordano fattezze umane o di animali o profili d’arte. 
E’ un simbolo di civiltà, di pace e tradizione e della nostra storia. E non solo perché ci regala il prezioso oro verde e liquido.
Il Salento è in piena emergenza ulivi. Un milione di piante malate.
La Xylella fastidiosa - un batterio sconosciuto in Europa - uccide quegli ulivi secolari, imponenti e maestosi, e sembra essere la causa del loro disseccamento rapido. E’ come veder cadere al tappeto un gigante dello sport, amato e popolare: fa male al cuore.
L'epidemia sta galoppando, il contagio cammina a una velocità spaventosa. Sotto accusa, le piante ornamentali olandesi - oleandri, mandorli e ciliegi - importate dalla Costarica, soprattutto a Gallipoli.
La Xylella fastidiosa, che li sta decimando, passa di pianta in pianta grazie a un cosiddetto insetto-vettore: la cicala sputacchina.

Certo, questi nomi sembrano da barzelletta o da fiaba per l’infanzia, ma quando l’albero è raggiunto dal batterio, è segnato sul serio: cominciano a morire le foglie dei rami più alti e la malattia si estende rapidamente alle altre parti. Non c’è soluzione, pare, si può solo tagliarla per evitare che l’insetto sputacchino ne faccia una breve “tappa” di soggiorno, passando poi su un’altra, propagando così l’epidemia.
La situazione è talmente grave che si stima siano almeno un milione le piante già infette, più o meno il 10% degli ulivi salentini e la cifra potrebbe perfino essere più alta.

Il danno è gravissimo dal punto di vista economico, storico, culturale e paesaggistico, visto che la Puglia è popolata da tantissimi alberi d’ulivo, in gran parte centenari, se non millenari. Allo stato attuale, l’Unione Europea, per evitare che il contagio si espanda nel continente, spinge per la soluzione più drastica: l’espianto degli ulivi malati. La vicenda sta avendo una grande eco mediatica ed è contestata dagli ambientalisti.

Diversi agronomi affermano, però, che le cure tradizionali sono efficaci e che la Xylella non c’entri con la malattia.
Le cause potrebbero essere il completo abbandono delle comuni pratiche colturali, come le potature, le concimazioni, le arature, le irrigazioni e il massiccio uso di micidiali pesticidi, erbicidi, concimi chimici, OGM e fitofarmaci, che continuano ad avvelenare gli ulivi e tutto l’ecosistema.
Queste micidiali sostanze chimiche distruggono vermi, lombrichi, microrganismi del terreno che trasformano “tutto” in nutrimento-concime (humus) per le piante e, quindi, si abbassano le difese immunitarie delle piante stesse: senza più nutrimento, né difese immunitarie, le piante si indeboliscono, “soffocano”, muoiono e, di conseguenza, qualsiasi parassita, anche il più banale e innocuo, può attaccarle e farle morire definitivamente, come accade anche per l’uomo.
Non sono quindi i parassiti, i batteri, i funghi, i virus a far ammalare e morire gli ulivi, ma sono solo ed esclusivamente i veleni presenti in agricoltura.
Appare in ogni caso strano che esperti, ricercatori e luminari si siano espressi poco su come combattere il batterio killer.
Da troppo tempo, ormai - sostengono sempre gli agronomi - stiamo assistendo a vergognose e continue campagne di terrorismo speculativo sui naturalissimi parassiti delle piante: tecnici e politicanti, gridano al disastro, non per curare, ma solo per avere fondi pubblici per estirpare le piante.
Le parassitosi sono fenomeni naturalissimi e transitori e, al massimo, effetti di squilibri su cui intervenire, ricostruendo gli ecosistemi e favorendo così anche il ritorno dei predatori naturali. Occorre ripristinare gli equilibri alterati, a volte, dallo stesso uomo, ricreando gli habitat degli insetti insettivori.

In Puglia ora, pendono pesanti sospetti sulla speculazione del mercato della biomasse, delle multinazionali della agro-chimica industriale, OGM compresi, come quelli di mille altre speculazioni.
E’ pur vero che, in quest’epoca di ecoballe, di ecobufale ed ecomafie e dei soliti complotti giudo-pluto-massonici, si gridi troppo facilmente alla congiura: le multinazionali vogliono distruggere l’olio pugliese per fare spazio a quello geneticamente modificato. Nel frattempo ci avvelenano con le scie chimiche e i microchip sottopelle.
Altri coltivatori, per esperienza tramandata da tempi antichi, affermano che per difendere gli alberi - non solo gli olivi, ma anche gli agrumi - da insetti e funghi batterici è sufficiente irrorarli con una soluzione di acqua, sapone di Marsiglia e ossido di rame su chioma e tronco. Oltre a non essere tossica per l’uomo, non inficia neppure le caratteristiche organolettiche dei frutti. 
Le piante, anche già gravemente ammalate, presenterebbero evidentissimi segni di ripresa dopo meno di due settimane dal trattamento. Sempre se ciò fosse vero.
Purtroppo, per gli speculatori e per le varie multinazionali, è una cura troppo economica.

Una strage di giganti si profila all’orizzonte e già oggi hanno abbattuto i primi sette secolari. 
Dobbiamo cercare di salvare quegli ulivi che sono parte della nostra cultura, ma sono anche alla base della nostra dieta quotidiana: non è giusto eradicarli e distruggere un tal patrimonio, senza provare cure o cercare di debellare o arginare la “fastidiosa”.

C’era una volta una cicala sputacchina che portava a spasso la Xylella fastidiosa…ma non usciva dalla Puglia.
Resta, allora, una domanda: come mai questo fenomeno non esiste nelle province limitrofe, dove non è presente nemmeno il batterio: è solo un'incredibile coincidenza…o la cicaletta non ha il navigatore?
14 aprile 2014  (Alfredo Laurano)


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