mercoledì 8 aprile 2015

MACELLERIA MESSICANA

Dopo soli quattordici anni, sappiamo ufficialmente che quanto compiuto dalle forze di polizia italiane nell'irruzione alla Diaz il 21 luglio 2001 "deve essere qualificato come tortura".
Lo ha stabilito la Corte Europea dei Diritti Umani che ha condannato l'Italia non solo per il pestaggio subìto da uno dei manifestanti - Arnaldo Cestaro, all’epoca sessantaduenne a cui spaccarono un braccio, una gamba e dieci costole - durante il G8 di Genova, ma anche perché non ha una adeguata legge che punisce il reato di tortura: un vuoto legislativo che consente ai colpevoli di restare impuniti.
La sentenza descrive quello che tutti conoscevano e tutti ormai conoscono in tutto il mondo, cioè che in quei giorni, a Genova, c'è stata una gravissima violazione dei diritti umani nell'irruzione alla scuola Diaz, con atti di brutale violenza contro persone inermi. 
Nella palestra dove dormivano un centinaio di giovani (prevalentemente), ci fu un’aggressione spietata, un caos indescrivibile, teste spaccate, centinaia di zaini svuotati alla rinfusa, indumenti e libri tra pozze di sangue, dappertutto. 
Una vera mattanza in stile Pinochet.
In quei caldi giorni del G8, regnanti Berlusconi e Scajola (agli Interni), hanno pestato indiscriminatamente. 
La città era blindata, la zona rossa invalicabile a protezione dei potenti, i black block infiltrati nei cortei, cariche e lacrimogeni in ogni dove.
Ci sono migliaia di filmati che documentano botte anche a ragazzine e ad anziani inermi e persino a bagnanti in costume sulla spiaggia e a un infermiere in servizio, randellato per errore, mentre i black bloc agivano indisturbati a pochi metri di distanza.
Anche il compianto Don Gallo, alla testa del corteo con Franca Rame, rischiò qualche carezza da manganello.

Le sentenze della Corte su quei fatti non finiscono qui.
Davanti ai giudici di Strasburgo pendono altri due ricorsi presentati da 31 persone per i pestaggi e le umiliazioni a cui furono sottoposti anche nella caserma di Bolzaneto, dove, tra l’altro, le donne venivano fatte spogliare,  stuzzicate al gioco dei manganelli, tra le risa ed i commenti dei tutori della legalità.
Una pagina, o più pagine vergognose per questo Paese e per la democrazia, che decretano, inequivocabilmente, una verità: l'attacco delle forze dell'ordine fu illecito, illegale, anticostituzionale, immorale e contrario ai principi della Convenzione dei diritti umani.
Nessuno, però, è mai andato in galera e qualcuno dei responsabili ha perfino fatto carriera. 
Oggi, De Gennaro, capo di quella polizia, è presidente della Finmeccanica.
8 aprile 2015   Alfredo Laurano
       

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