mercoledì 18 marzo 2015

PRENDIAMO ESEMPIO

Il morto di Terni non è figlio di Mare Nostrum, come dice Salvini, ma è l’innocente vittima di un folle criminale, che non ha colore, né nazionalità.
Mentre il leghista annuncia che raccoglierà le firme dei cittadini per una class action contro Renzi e Alfano - che intende denunciare per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina - e centinaia di siti, giornali e razzisti comuni sciolti del Web speculano e strumentalizzano ogni dramma umano e fatto di cronaca, a fini politici e propagandistici, una grande lezione di civiltà e di compostezza, pur nel dolore, ci viene dalla famiglia del giovane Davide, assassinato senza un perché a Terni da un marocchino rientrato in Italia, clandestinamente, già noto, già espulso, già violento e in attesa dell’ esito di un ricorso.
Se c’è qualcosa da denunciare è l’incapacità di gestire l’intero e complesso fenomeno della migrazione, delle espulsioni, dei controlli e di impedire le fughe dai Centri di accoglienza (CDA) e di identificazione (CIE).

Padre e fratello dell’ucciso pronunciano sensate parole d’amore, di lungimiranza e di generosità, condannando la violenza, l’intolleranza e il razzismo. “Non dobbiamo chiuderci nell’odio, ma piuttosto tornare fuori e imparare a stare bene insieme agli altri. Noi non vogliamo vendetta, ma giustizia”
Parla con il suo primogenito Diego, l’unico figlio che gli è rimasto, il signor Raggi, ex operaio delle acciaierie, e mostra preoccupazione per l’amico Mohamed, l’ambulante all’angolo, e per tutti gli altri marocchini di Terni - dispiaciuti, spaventati e temono vendette - che sono andati da lui per abbracciarlo, quasi vergognandosi, e per fargli le condoglianze.
Proprio lui che ha appena perso un figlio, trafitto dal dispiacere, trova il modo di rassicurarli e confortarli. “Aggiungere violenza ad altra violenza ora sarebbe completamente inutile e sbagliato. Mio figlio stesso, David, non lo vorrebbe mai.”
Anche gli amici più cari e più intimi di David, pedinati e braccati da microfoni e TV, hanno espresso con commozione e grande sensibilità, le stesse posizioni, la stessa civiltà, lanciando appelli alla ragione.
Da questa tragedia e da questi gesti, da queste nobili parole, c’è molto da imparare.

18 marzo 2015  (Alfredo Laurano)

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