giovedì 5 marzo 2015

PERCHE’ MI CHIAMO GIOVANNI

Nello stesso giorno in cui muore Giovanni Falcone, la moglie e la sua scorta - il 23 maggio 1992 - mentre Palermo è attonita e sconvolta, un uomo sta per diventare padre.
Molto tempo dopo, in occasione del decimo compleanno di suo figlio, quel padre decide di rivelargli perché si chiama Giovanni: gli racconta la storia di Giovanni Falcone e gli spiega che cos' è la mafia.
Lo fa nel modo più efficace possibile, portandolo nel cuore di Palermo, a visitare i luoghi dove, sin da piccolo, ha vissuto il magistrato: le vie, le piazze, sino al luogo dell'attentato.
Per rendere tutto più comprensibile e concreto, usa, a fini didattici, segnali, semplici metafore e oggetti simbolo che possano entrare facilmente nella mente e nel cuore di un ragazzo, come, per esempio l'aspirina che si scioglie nell'acqua, per ricordare la morte del bambino fatto sciogliere nell'acido.
E' così che il piccolo Giovanni inizia a capire.
Tappa dopo tappa, scopre la vita di Falcone, la sua costante lotta contro il male, il suo forte impegno, fino al tragico epilogo: l’annunciato sacrificio della vita.
Giovanni comincia a rendersi conto che la mafia non è una cosa astratta di cui si parla nei telegiornali: la mafia è anche la quotidianità della scuola, è anche il suo compagno Tonio, le sue prepotenze e il silenzio di paura e complicità di tutta la sua classe. E’ un nemico infame e infido da combattere subito, senza aspettare di diventare grandi.
Il papà gli svela una grande e triste verità: a forza di accettare l'ingiustizia, non si vedrà più l'ingiustizia.

Devo ringraziare il mio amico Attilio che mi ha regalato e fatto conoscere questo volumetto di Luigi Garlando - che si legge tutto di un fiato - che affronta uno dei temi più difficili da indagare e da spiegare: uscire dal buio dell’omertà e avere il coraggio di raccontare la mafia a un bambino, senza retorica, senza ridondanze.
“Per questo mi chiamo Giovanni” è un omaggio alla libertà e alla giustizia, un’opera che, con la sua prosa diretta e il suo messaggio forte e chiaro è stato adottato dalle scuole come libro di testo e ha dato seguito ad un fumetto e ad un cortometraggio.
Un libro per ragazzi che sicuramente fa bene anche agli adulti.
Passo dopo passo, parola dopo parola, emerge gradualmente, ma inesorabilmente, tutta la montagna di crimini, di falsità, credenze e viltà che costituisce la mafia. Ma affiorano anche i più crudi particolari, i rituali, le regole, le prove per far esplodere l’autostrada di Capaci, i maxi processi.
Sono pagine che educano e appassionano, che riaffermano valori e sentimenti, che invitano a riflettere e a ribellarsi. Ma sono anche un momento di vita familiare commovente: un padre, un figlio e tanto orrore, ma anche tanta speranza. Quella di una vita che nasce, proprio quando finisce quella di un mito e di un eroe. Come fosse un passaggio di consegne, un messaggio di continuità: “Gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini”, diceva Falcone.

Il linguaggio usato è molto semplice, asciutto, esplicito e ricco di dettagli.
Falcone è descritto non tanto nel ruolo di supereroe, di soldato contro la mafia, ma piuttosto dal punto di vista umano: le sue scelte, la gioia per le vittorie e l’amarezza per le sconfitte, ma anche la sofferenza per una vita senza libertà, passata nei bunker e con i suoi amati e fidati angeli custodi, perché anche le persone a lui più care non erano al sicuro.
Non è una lezione di storia, ma nemmeno una favola, è la cronaca di una realtà triste e dolorosa, spiegata a un bambino che ne porta il nome, attraverso un pretesto originale: ora Giovanni sa perché si chiama così.

E se i piccoli sono gli uomini di domani, è proprio nella giovane età che bisogna iniziare a parlare di mafia, di pizzo e di omertà, anche perché la mentalità adulta, in gran parte, è sempre più restia a cambiare.
Solo alla fine della pedagogica passeggiata tra le vie palermitane, il piccolo Giovanni, sempre più commosso e consapevole, scopre perché Bum, il suo pupazzo-scimpanzé preferito, ha le zampette bruciate... e perché diventa simbolo della possibile vittoria contro i mafiosi.
4 marzo 2013               (Alfredo Laurano)


Nessun commento:

Posta un commento