La Rai sovranista, quella che
surrettiziamente solletica, ma con la dovuta discrezione, gli insani pruriti e
le insofferenze dell’utente medio, benpensante e perbenista, xenofobo e
intollerante quanto basta, ha deciso: Rula Jebreal, giornalista palestinese
naturalizzata italiana, consigliera del presidente francese Macron per il
gender gap, analista di politica estera, nota al pubblico televisivo dagli
inizi a La7 all'Annozero di Michele Santoro (2006), autrice di romanzi,
impegnata in campagne sui diritti umani, non sarà al fianco del pacioso Amadeus
al prossimo Festival di Sanremo. Sarebbe troppo divisiva, inquietante,
preoccupante. Soprattutto destabilizzante.
Eppure,
sul quel palco dei fiori e delle note da operetta, specchio della pigra e
oziosa Italia, ci son passati in tanti e tante: giornalisti, politici,
intellettuali veri o presunti, soubrette con farfallina all’inguine, comici e
pagliacci vari, sportivi e persino un premio nobel, a fare da valletto a Fabio
Fazio, e un aspirante suicida dal loggione. Dalla Parietti a Brigitte Nielsen,
dalla Ferilli alla Pivetti, dalla Marini a Claudia Koll, da Anna Falchi a
Manuela Arcuri, a Laetizia Casta, a Michelle Hunziker…
Insomma
cani (di razza o meno) e porci.
Ma
Rula no, troppo preparata, colta e capace. Rula non è gradita da “mamma RAI”,
ma soprattutto dall’inutile Capezzone, che “ancor si muove”, e dalla stridente
“Santa de che”, italiana, mamma, cattolica, imprenditrice, parlamentare,
“personaggio fisso della tv”, che giustamente si incazzerebbero parecchio,
qualora una donna palestinese, filoislamica, pagata con i soldi degli italiani,
dovesse parlare di fascismo di razzismo e di diritti, da quel palco.
Meglio
invitare Chiara Ferragni o la sorella baby di Belen, con o senza farfallina, o
la bambola Diletta Leotta, che di calcio se ne intende, o la fidanzata di CR7
Ronaldo. Meglio buttarla sul pallone che sulla politica del Medio Oriente.
“Evidentemente
- afferma Rula - qualcuno si è spaventato che venisse offerta una ribalta a
italiani nuovi, a persone diverse come me che appartengono a un'Italia
inclusiva, tollerante, aperta al mondo, impegnata in missioni di dialogo e di
pace”.
Perché
Sanremo è Sanremo, non è mica un campo
profughi. (Alfredo Laurano)
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