Non
ci sono più parole per descrivere l’orrore nazifascista raggiunto nella seconda
guerra mondiale. Non, almeno, per le persone che coltivano nel loro cuore anche
un pallido barlume di significato del concetto di “umanità”.
A
settantacinque anni dall’Olocausto, dalle persecuzioni di un popolo e dei
diversi, dalle deportazioni, dagli orrori dei campi di sterminio e distruzione,
dalle leggi razziali del 1938, c’è ancora qualche infame che inneggia a quel
sistema, a quell’ideologia della strage e della distruzione, a quelle camere a
gas. Che giustifica il massacro, l’eccidio di Stato e di un potere, il
genocidio compiuto da un popolo di assassini, guidati dal suo Fuhrer.
Sappiamo
tutti che, oltre ai miserabili negazionisti di mestiere, che contraddicono ogni
evidenza non solo storica, esistono in Italia, in Europa e nel mondo tanti gruppi
e movimenti di naziskin e skinhead di assoluta fede fascista e neonazista, che
coltivano quella forma di subcultura razzista e antisemita, che si esaltano in
quei miti orribili, che usano simboli e metodi violenti e intimidatori, in
particolare verso le minoranze etniche e religiose, gli omosessuali e i diversi
in genere. Alcuni sono detti "teste d'osso" o "teste
vuote".
O
teste di cazzo, come quei bastardi schifosi che fuori da una sede del Pd, a
Torrebelvicino, in provincia di Vicenza, hanno appeso un foglio con la scritta:
"27
gennaio giornata della memoria, ricordiamoci di riaprire i forni: ebrei, rom,
sinti, froci, negri, comunisti ingresso libero". Sotto una
svastica e la sigla "SS VI", che sta per la milizia speciale tedesca
di Verona.
Una
scritta elaborata, più raffinata, nella sua efferatezza, rispetto a quelle
apparse nei giorni scorsi a Mondovì (“qui abita un giudeo”), a Brescia e
in altri luoghi, quali altri episodi di antisemitismo. Chi l'ha pensata sapeva
chi veniva rinchiuso nei campi di concentramento nazista, oltre agli ebrei.
Anche la grafia ripropone il gotico, a richiamare la fascinazione per il
retaggio nazista.
La
coalizione civica Schio ha commentato: "Stücke. Pezzi. Così i nazisti
chiamavano chi veniva prelevato e rinchiuso nei campi di concentramento. Un
pezzo è un oggetto. Essendo un oggetto puoi farci quello che vuoi e quando hai
finito di usarlo, lo puoi pure bruciare buttandolo in un forno. La violenza
passa attraverso una lenta deumanizzazione. Fa inorridire. Quando non si
riconosce la dignità umana altrui si mette in discussione pure la propria”
“Crepa sporca ebrea”, hanno scritto altre
immondi carogne sul pianerottolo di casa di Maria Bigliani pensionata di 65
anni, di Torino, figlia di una staffetta partigiana.
Nello
stesso Giorno della Memoria, non sono mancati poi altri insulti e minacce
social a Liliana Segre, a Verdelli, direttore di Repubblica, a Berizzi e tanti
altri.
“L'Università e lo
studio sono l'antidoto all'odio e all'intolleranza,” ci ricorda Sergio
Mattarella, dopo la celebrazione del Giorno della Memoria, legge 20 luglio
2000, n. 211.
Ma
secondo me non basta: la libertà conquistata con la fine del nazifascismo va
difesa tutti i giorni, con determinazione. Essere antifascisti vuol dire
ricordare sempre chi è morto per la nostra libertà di pensiero e di parola
oggi.
Anche
per ricordare alle giovani generazioni, soprattutto quando non ci saranno più
testimoni viventi di quell’abominevole mostruosità, che è possibile convivere
senza discriminazioni e pregiudizi, cancellando feccia e inutile zavorra.
28
gennaio 2020 (Alfredo Laurano)
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