Il Viaggio di Fanny, in onda l’altra sera in TV, per la Giornata della
Memoria, è un film che apre uno squarcio di spontaneo ottimismo nell’orrore
totale dell’olocausto, ampiamente narrato da cinema e letteratura, attraverso
le sue più spietate testimonianze.
Un bel film che fa bene al cuore e conforta le coscienze e la ragione.
Suggestiva l'ambientazione e curati i particolari, alta la tensione e
crescente il pathos, stupendi i protagonisti: una favola vera che riesce a
trasmettere un messaggio di grande speranza, grazie al coraggio dei suoi
piccoli eroi che si muovono all'interno di un contesto buio, violento e
disumano.
Tratto da una storia autentica - il romanzo autobiografico di Fanny Ben-Ami
- ci tuffa, con inusitata naturalezza e senza mostrare gli orrori di quella
tragedia epocale, in un momento intenso e commovente, durante la Seconda Guerra
Mondiale.
La dodicenne Fanny e le sue sorelle sono lasciate dai genitori in una delle
colonie francesi destinate a proteggere i bambini ebrei dai rischi dei
rastrellamenti. Il nazismo avanza, il posto non è più tranquillo, gli adulti
sono arrestati e Fanny si trova da sola a guidare un gruppo di ragazzini fino
alla salvezza in Svizzera, passando per l'Italia.
La sporca guerra è raccontata, con leggerezza e delicatezza, pur all’interno
dell'orrore, attraverso gli occhi di quei bambini, dalla regista Lola Doillon, che
riesce a trattare in modo garbato, ma non banale, il dramma di quei piccoli
ebrei, costretti a scappare dalla Francia in Svizzera, terra neutrale, pur di
trovare la salvezza e la libertà.
Una fuga per la libertà e la sopravvivenza di giovani creature, la
categoria più vulnerabile e fragile fra quelle che si trovano perseguitate. Ma
è una fuga interpretata da bambini, proprio come essi la vivrebbero giocando,
contro un mostro che non conoscono e che si vede poco, quasi solo immaginato,
ma che sono i nazisti in cerca di ebrei, grandi e piccoli.
Il gioco e la fantasia dei bambini sono intermezzo frequente in questa fuga:
ignorano il pericolo che corrono e si potrebbe dire che l’inconsapevolezza può
far soffrire meno il terrore.
Ma quel viaggio, altamente rischioso e umanamente drammatico, verrà sempre
affrontato, pur fra timori, incertezze e mal di pancia, con determinazione e
coraggio e con un approccio tipicamente infantile: i fuggitivi riusciranno a
mantenere intatta la loro purezza, nonostante si ritrovino ad attraversare
territori e situazioni ostili e ad affrontare difficoltà di ogni genere.
Una sottile testimonianza storica, necessaria e mai ridondante, di una
delle pagine più atroci del secolo scorso, utile a sensibilizzare l'opinione pubblica
sul dramma vissuto degli Ebrei in fuga per tutt'Europa.
Anche se, la sorellina più piccola di Fanny avrebbe una facile soluzione:
se essere ebrei è pericoloso, basta non essere più ebrei: un sillogismo
ineccepibile.
27 gennaio 2020 (Alfredo Laurano)
Nessun commento:
Posta un commento