giovedì 24 novembre 2016

UN SENATICCHIO PRET-A-PORTER

Mentre prosegue e si infittisce la battaglia sulla riforma costituzionale a suon di “accozzaglie, scrofe ferite, killer dei nostri figli e cavallette varie” - non è più una campagna referendaria, ma uno scambio quotidiano di insulti e offese d’ogni genere - sarà bene, per tornare nella civiltà del confronto, ricordare un paio di utili cosette.

Nel 1948, pur nella contrapposizione ideologica fra cattolici, comunisti e liberali, la nostra Carta venne approvata da una maggioranza amplissima: 453 voti a favore e 62 contrari. 
Per il modo in cui è stata approvata, questa riforma, invece, è un oltraggio all’idea stessa di costituzione che, nei paesi democratici è un patto di convivenza e stabilisce condizioni che devono garantire tutti. Quindi deve essere frutto di un consenso generale.

La riforma proposta non è una revisione della Costituzione, ma è un’altra Costituzione: vengono cambiati 47 articoli su un totale di 139. E questo non è consentito: l’unico potere ammesso dall’articolo 138 della nostra Carta è un potere di revisione.
Il capo dello Stato, infatti, avrebbe dovuto esercitare la facoltà di rinviare la legge alle Camere e chiedere una nuova deliberazione o, quanto meno, ricordare il principio elementare che le riforme costituzionali devono essere approvate con la più ampia maggioranza parlamentare.

È da oltre trent’anni che si cerca di far cadere sulla Costituzione le responsabilità dei governi per le loro pessime politiche. Secondo i fautori dei vari progetti di riforma – che hanno avuto in comune il costante tentativo di indebolire il Parlamento e rafforzare il governo – la crisi e il discredito dei partiti, la loro corruzione, l’esplosione del debito pubblico, l’aggressione allo stato sociale e ai diritti dei lavoratori, la selezione di una classe dirigente pessima e, in definitiva, l’inettitudine dei governi che si sono succeduti, sarebbero tutta colpa della Costituzione del 1948. E, allora, facciamo piazza pulita.

La costituzione oggi sottoposta referendum è stata approvata da una minoranza, e cioè da un partito che alle ultime elezioni ha preso il 25% dei voti, corrispondente a circa il 15% degli elettori. 
Questi elettori, grazie ad una legge elettorale dichiarata incostituzionale - il “Porcellum” - sono stati trasformati in maggioranza. 
Non solo. E’ stata votata, strozzando il dibattito parlamentare, a colpi di “canguri” e “tagliole”, fino all’approvazione in un’aula semivuota per l’Aventino delle opposizioni. 
Per votare NO a questa nuova costituzione basterebbe già il quesito referendario, formulato in termini, scontati, ingannevoli e accattivanti.

Ove tutto ciò non bastasse, c’è da apprezzare la lettera agli italiani residenti all’estero, firmata e spedita in 4 milioni di copie dal Presidente del Consiglio Matteo Primo, in uno dei suoi più riusciti travestimenti: quello di segretario del Pd e leader del comitato BastaunSì. Soltanto lui ha potuto farlo, raggiungendo uno per uno quegli italiani, a domicilio, fingendo di informarli sulle modalità di voto e sul contenuto della sua cosiddetta “riforma” costituzionale, impedendo a chi la contrasta di fare altrettanto.

E per finire, non si supera affatto il bicameralismo paritario, come riportato nel quesito: non viene affatto soppresso, ma mantenuto per una lunga serie di leggi (costituzionali, elettorali e molte altre) e sostituito da un bicameralismo imperfetto, cioè da più forme di coinvolgimento del Senato in altrettanti tipi di procedimenti nella funzione legislativa. 

Senato che, ricordiamolo, sarà formato da senatori non eletti dai cittadini ma dai Consigli Regionali, in cui su 1.100 consiglieri, 521 sono stati sotto inchiesta, in cui su 20 Consigli Regionali, 17, altrettanto. 
Allora, per premiarli e risparmiarli si portano nel nuovo Senato prêt-à-porter e si conferisce loro anche l'immunità parlamentare. 
Una lucida follia.
(Alfredo Laurano)

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