sabato 5 novembre 2016

RICORDANDO PPP

Che, se n’annamo a Ostia? Fece il Riccetto, “oggi sto ingranato”.
“Eh” fece spostando su e giù tutti gli ossacci della sua faccia Alvaro.
“C’avrai dupiotte, c’avrai...”  
Pier Paolo Pasolini, (Ragazzi di Vita)

Pochi anni prima di essere ucciso Pasolini scrisse che l'Italia stava vivendo ''un processo di adattamento alla propria degradazione''.
Oggi, a tanti anni di distanza, non si può dire che quel processo sia concluso, ma certo quelle parole risultano drammaticamente profetiche.
Intellettuale vivace, intelligente e curioso, protagonista libero della vita sociale e politica, artista multiforme, poeta, narratore, drammaturgo, regista cinematografico, filologo, critico, giornalista e polemista - oggi diremmo tuttologo vero - è stato un innovatore in vari spazi e generi culturali, anche grazie alla sua vena polemica e provocatoria, frutto di una vita difficile, contrastata e sofferta.
Aveva colto, segnato e rappresentato un momento di profondo cambiamento della nostra società, dalle antiche tradizioni contadine, al materialismo e alla violenza del consumismo. Poi venne il globalismo.

Qualche mese fa, vandali neofascisti di Militia hanno spezzato parti del monumento realizzato da Rosati nel parco dell’Idroscalo di Ostia, dove Pier Paolo Pasolini fu ucciso. 

Hanno spaccato le lastre di marmo con incise le sue poesie; hanno rotto i pannelli di vetro con i percorsi biografici; hanno lasciato sul prato calpestato e distrutto uno striscione ingiurioso: 
«Ma quale poeta e maestro: fu frocio e pedofilo, lui era questo».


La sua eredità, ricca e articolata, cresce col tempo. 
La sua attualità, come scrisse il suo amico Gian Carlo Ferretti, 
''riposa nella duplicità, nell'ambivalenza drammaticamente esibita fra pubblico e privato, fra l'opera e l'uomo, fra la pagina scritta e l'offesa quotidiana sopportata in pubblico e in pubblico denunciata e urlata''. (Alfredo Laurano)


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