lunedì 21 novembre 2016

LE NON SOLO MIE RAGIONI DEL NO

Già la formulazione del quesito referendario (Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento...la revisione del titolo V della Costituzione...”) è manifestamente illegittima - nonostante il respingimento del ricorso proposto dal NO - perché redatto in violazione dell’art. 16 della legge 25 maggio 1970, n. 352, che dispone una diversa formula quando il quesito abbia ad oggetto la revisione della Costituzione. 
Si tratta, in ogni caso, di una sorta di pubblicità ingannevole, dai toni volutamente propagandistici e suggestivi, allo scopo di condizionare il voto dei cittadini elettori. 

Venendo alla riforma, essa non garantisce la sovranità popolare, perché, insieme alla nuova legge elettorale (Italicum), già approvata (e non ancora o non più modificata), espropria la sovranità al popolo e la consegna a una minoranza parlamentare che solo grazie al premio di maggioranza si impossessa di tutti i poteri. E’ il cosiddetto “combinato disposto”: voteremo per un sistema in cui al governo la fiducia sarà data da una Camera di sua fiducia, con una maggioranza di deputati nominati dallo stesso governo, corrispondenti però a una minoranza degli elettori. 

Questa riforma non abolisce il Senato, ma la sua elezione democratica diretta: i senatori saranno nominati dalla politica e non eletti dal popolo, violando il principio di sovranità popolare sancita dall’art. 1 della Costituzione.

Non supera il bicameralismo, ma lo rende più confuso e crea conflitti di competenza tra Stato e regioni, tra Camera e nuovo Senato. I nuovi cento senatori - sindaci e consiglieri regionali nominati dai Consigli regionali, cioè dai partiti - saranno incaricati di legiferare, quando, venendo a Roma a sbrigare altre pratiche amministrative, come già fanno i sindaci, potranno approfittarne per passare anche dal Senato e, tra una cosa e l’altra, fare anche il mestiere di senatori. Come un Dopolavoro aziendale. 
Saranno in grado di funzionare nella loro duplice veste di membri del Senato e delle istituzioni territoriali da cui provengono e di cui continuano ad essere componenti? Potranno assolvere, contemporaneamente, entrambe le funzioni? 

Secondo l’art.55 della nuova Costituzione, il nuovo Senato dovrebbe vegliare su tutte le politiche pubbliche, valutarle e verificarle, come se fosse una sorta di “commissario politico” della Repubblica, praticamente un ping pong. I senatori avranno ingentissime incombenze, da adempiere con ritmi massacranti: richiamare al proprio esame leggi, intervenire, deliberare, proporre modifiche, fare ricorso alla Corte costituzionale, dare il loro parere quando il governo voglia sostituirsi ai poteri delle Regioni e delle città metropolitane. 

È una riforma incomprensibile, scritta in modo da non essere capita, vedi art.70. 
L'attuale articolo 70 recita: "La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere". Quello nuovo, caotico, confuso e mal scritto: "La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione.... concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme...di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi…” Da 9 a 483 parole! 

Con la modifica del Titolo V della Costituzione, che decide i ruoli e le competenze delle autonomie locali, comuni, province e regioni, viene rovesciato il sistema per distinguere le competenze dello Stato da quelle delle regioni. Sarà lo Stato a delimitare la sua competenza esclusiva in politica estera, immigrazione, difesa, burocrazia, ordine pubblico. 
Peraltro, sposta dalle Regioni allo Stato le competenze in merito a energie e infrastrutture strategiche: un potere che vale miliardi, tutto in mano al governo pronto a spenderlo a vantaggio di grandi finanze e grandi imprese. Più facile, pertanto, realizzare grandi opere come Tav, Trivelle o Tap (gasdotto Trans-Adriatico Turchia-Puglia) senza il fastidio di doversi confrontare con regioni, sindaci e cittadini.

E’ populistico e ridicolo far credere che questa riforma diminuisca i costi della politica. I costi del Senato sono ridotti solo in minima parte: fa risparmiare 50 milioni l’anno, cioè quanto gettiamo ogni giorno in spesa militare. C’è da chiedersi: se il problema sono i costi, perché non dimezzare i 630 deputati della Camera? O abolire tutto il Senato che, attualmente, con i suoi 315 svolge le stesse funzioni? A parità di funzioni e svolgimento, chiunque ridurrebbe della metà il numero dei deputati. Non ha senso. 
Un aspetto di vera e propria crisi democratica della nuova Costituzione si manifesta poi nell’elezione del Capo dello Stato, con ciò che viene previsto dal settimo scrutinio. 
Assicurato il numero legale necessario dei presenti - la metà più uno dei componenti, pari a 367 elettori - si potrà eleggere i presidente con una maggioranza minima di 221 voti, i tre quinti dei votanti, cioè, di 367: basterà, quindi, una maggioranza che è tutta nella disponibilità del singolo partito che avrà vinto le elezioni (340 deputati), anche se al Senato non dovesse avere nemmeno un seggio! Ricordiamoci che Sandro Pertini fu eletto al sedicesimo scrutinio: ci vuole tempo per avere il meglio! 

La Costituzione è il patto fondamentale che regge e dà equilibrio alla nostra convivenza democratica. Dunque, non è una legge qualunque: può bensì essere modificata, ma solo quando le proposte di revisione siano necessarie ad un miglioramento reale delle condizioni economiche, sociali, politiche e istituzionali del Paese. 
Nessuno abbatterebbe un edificio le cui fondamenta siano ancora solide e robuste. 
In questo caso, il progetto di riforma, invece, si mostra inutile e inopportuno, perché non risolve alcun reale problema imputabile alla Costituzione. Anzi, le attribuisce difetti che essa non ha e intende introdurre modifiche che, invece di migliorarla, la peggiorano. 
Per tutto questo, io voto NO. 
21 novembre 2016 (Alfredo Laurano) 




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