mercoledì 28 settembre 2016

IL PONTE DEI DESIDERI

Una mancetta di qua, una promessa di là, un risparmietto di sopra, un altro po’ di quattordicesima ai pensionati alla fame. Meno tasse, più flessibilità, giù Ires e Iri: tutto descritto a pennarelli, con un trattino, un disegnino, un numeretto sulla lavagna cartacea di Del Debbio.
Sono le priorità e le nuove promesse del già detto “Patto della Lavagna” renziano, che ripropone in perfetta continuità il berlusconiano Contratto con gli Italiani, di quindici anni fa, nel bianco salottino vespiano.
Torna, quindi, l’annuncite, malattia congenita del Puffo Premier, aggravata dallo spauracchio del referendum, ora che, finalmente, ne è stata fissata la data, la più  lontana possibile: il 4 dicembre prossimo.

Ma la botta di annuncite più imprevista e più eclatante riguarda  l’immaginifico ponte del futuro o, meglio, sul suo futuro.
Nel 2012, diceva: "Gli otto miliardi delPonte sullo Stretto li dessero alle scuole". Mentre il suo amico Silvio Berlusconi prima ancora dichiarava: “prima di morire ho un sogno: attraversare il Ponte sullo Stretto”.
Del resto, già Mussolini prometteva: “Dopo la vittoria in guerra getterò un ponte sullo Stretto di Messina”.

Nel tempo, tutti o tanti, chi più chi meno, si sono detti favorevoli, almeno una volta nella vita. Anche Craxi, anche Andreotti, nel suo ambiguo dubbio democristiano.
Perfino Prodi, presidente dell’Iri, nel 1985, annunciò: “I lavori cominceranno al più presto. L’auto risparmierà 40 minuti, l’autocarro 35 e il treno 92”.
Un anno fa, lo riesumò il partito di Alfano che impegnava il governo a mettere mano alle infrastrutture del Mezzogiorno.  Ai soliti dibattiti su costi, sprechi e possibili corruzioni, seguì un onorevole silenzio.
O è una battuta o ci prende in giro - dice il sindaco di Messina - ma quale Ponte? Qui abbiamo un sistema ferroviario da seconda guerra mondiale, a binario unico, a gasolio. Sulla Messina/Catania è caduta una frana e l’autostrada è ancora interrotta. Le due città non sono più collegate tra loro. 
Messina è stata settimane senz’acqua per i danni all’acquedotto.  
Prima renda la Sicilia un posto civile, poi magari inizi a fare questa chimera chiamata Ponte.”
Renzi, quindi, era contrario.
Ora, in vista del referendum, e per contrastare i sondaggi che al Sud danno favorito il No, riciccia “l’opera da centomila posti di lavoro”. Una di quelle promesse buone per creare aspettative - ricordiamo tutti le sparate del milione di posti sui cartelloni sei per tre di Forza Italia - e per un titolo di giornale.
Senza contare che - secondo i geologi - dove si dovrebbero piazzare i pilastri c’è la faglia sismica più pericolosa del Mediterraneo.

Nell’immaginario collettivo un nuovo ponte è sempre un cosa positiva. Ma quest’opera dai costi enormi, sembra sorpassata dalla storia e anche dall’economia.
Forse non è un caso che nessun privato sia mai arrivato a metterci i quattrini.  (Alfredo Laurano)


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