sabato 19 dicembre 2015

ERA DESTINO CHE MORISSE!

Sette mesi di una storia assurda, di vaghezza e di menzogne, di un omicidio vile e senza senso che non ha colpevoli, ma solo indagati a piede libero. 
Tragico incidente, lite degenerata, reciproche coperture?
Nonostante le indagini, le prove documentali, le testimonianze, le incalzanti e coraggiose trasmissioni televisive, si naviga ancora nel dubbio e non si sa cos’è successo. Versioni nebulose e discordanti smentiscono ipotesi assurde e dichiarazioni precedenti.
E tutto ciò è consentito da una forse eccessiva dose di iper-garantismo.
Unica certezza il dolore di una madre, di un padre e di una famiglia che non ha più lacrime e che si sente anche beffata, umiliata, offesa e presa in giro.

E’ il non casuale riflesso di una società malata veramente, devastata, smarrita e disumana e deprivata di quei valori antichi e veri, che oggi non trovano più spazio, né contezza.
Dietro l’apparente normalità di una comunissima famiglia, si nasconde un carico di indifferenza, di egoismo e di tanta, forse inconsapevole, mostruosità.
Una piccola comunità di incapaci che pensa di salvaguardarsi, chiudendosi a riccio in un folle meccanismo di irrazionalità e contraddizioni, che umilia e calpesta i più elementari criteri della logica e della naturale solidarietà. Chi non è pronto ad aiutare a rialzarsi qualcuno che è caduto o ha fatto cadere?
Si può lasciar morire, per paura delle conseguenze, per calcolo personale, per superficialità, per ignoranza abissale, un ragazzo di vent’anni? Sia pure colpito per sbaglio, per l’assurdo scherzo di un imbecille da primato?
Ammessa pure la disgrazia, il gioco o la casualità, perché fare di tutto e di più per non salvarlo?
Penso che quella coraggiosa madre Marina e quel povero padre Valerio se lo chiederanno per tutta la vita.
Marco Vannini è stato abbandonato alla sua fine, vittima di uno “sfortunato caso del destino”, come non succede neanche a un cane colpito per sbaglio in autostrada.
Ma come possono cinque persone - fidanzata labile compresa - anche impreparate, disorientate e prese dal panico, non rendersi conto della gravità di una situazione che ha dell’incredibile e che, in ogni caso, non può essere nascosta? Come si può non chiamare subito i soccorsi riferendo l’accaduto?

Marco è agonizzante, lucido, consapevole e chiede aiuto, mentre al 118 - che ne percepisce lo strazio ed i lamenti - si racconta, nella seconda chiamata - mezzora prima era stata colpevolmente annullata quella precedente - che è scivolato nella vasca, che si è ferito con un pettine e che si è procurato un “buchetto” sulla spalla. Con distacco, senza fretta, senza emotività, senza partecipazione.
E il tempo passa e quando alcune ore dopo i fatti il ragazzo finalmente arriva al Pit di Ladispoli è troppo tardi. Morirà sull’elicottero che doveva trasportarlo a Roma.
Ucciso dall’imbecillità, dalla negligenza assassina, da un’indecente condotta che nasce dall’ apatia e dall’ insensibilità. Dalle bugie, dai depistaggi, dalle omissioni.
E’ qualcosa di ignobile e di immorale che non può avere neanche l’ombra di una qualsiasi, pietistica motivazione, anche alla luce delle intercettazioni ambientali nei locali della Procura, degli indolenti indagati che commentano i fatti, con espressioni al limite del cinismo.
Questa tragedia, trasformata in aberrante farsa, offende tutto un Paese che si identifica in quei genitori disperati, che ansimano nel dubbio e nell’affanno del non sapere e del non capire e che non si danno pace perché non trovano una sola, possibile ragione.
E’ ora che “ ‘sta cosa esagerata che stanno a fa’ troppo lunga” trovi la sua verità, trovi giustizia.
E’ ora che qualcuno spieghi a Marina, a Valerio e a tutti noi il perché di quell’orrore.
19 dicembre 2015 (Alfredo Laurano)

(Rif. Omicidio Marco Vannini - Ladispoli 17.5.2o15)


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