venerdì 8 maggio 2015

IL PIRLA FELPATO

Ho più volte sottolineato come molti giovani, oggi, se ne fottono, si disinteressano di tutto, non sanno quasi nulla di temi e fatti storici, politici e sociali, importanti e fondamentali nella coscienza di ciascuno. Almeno al minimo sindacale o secondo l’obbligo scolastico.
Giocano da mattino a notte con la loro protesi a forma di smartphone e fanno del qualunquismo e del menefreghismo un religioso marchio di fabbrica, la loro vacua ideologia.
Altro che l’ “odio gli indifferenti” gramsciano: è il rito frivolo e collettivo della contemporaneità.
Ci sono quelli, per esempio, che negli scioperi contro la riforma della scuola di questi giorni hanno motivato la loro partecipazione perché “è sempre un giorno di scuola in meno” o che Renzi è il ministro dell’istruzione. Anime candide in cerca di identità o di gloria.

Come Mattia. Il giovane pirla milanese con la felpa che, intervistato sui disordini del primo maggio a Milano, aveva giustificato le violenze e le devastazioni, farfugliando due concetti e quattro parole elementari, salvo poi ritrattare tutto e chiedere scusa, dopo i tanti calci in culo che il padre – pur con colpevole ritardo – gli aveva certamente rifilato.
E ci ha fatto la figura del coglione, mezza Italia lo deride, i social vanno a nozze ed hanno pane e companatico per scrivere o fotomontare ogni genere di cazzata.
Internet e la televisione, soprattutto, sono un tritacarne che enfatizza, umilia, stritola e non perdona e moltiplica all’ennesima potenza qualsiasi fatto, immagine o soggetto che cattura per caso, per notizia o per bisogno.
Soprattutto se fragile, incompetente e sprovveduto, come questa caricatura di ribelle antagonista da via Pal, che non sa perché e per come si trovi lì, parli, agisca, dica o elabori un abbozzo di minimo pensiero, suo malgrado.

Secondo le leggi della comunicazione mediatica, all’istante, è diventato un divo, un personaggio, una macchietta, un monumento equestre alla stupidità post-adolescenziale. Tutti lo canzonano, mentre i talk e i TG ripetono, rimandano e fanno riascoltare all'infinito quelle sue ingenue dichiarazioni e tutto si trasforma in squallida manfrina, in rabbia e in leziosa barzelletta.
E grazie a questi facili bersagli, la pubblica opinione si compatta, condanna ed esorcizza l’ansia, il dubbio, lo sgomento, la paura e la violenza, anche quella del potere, delle istituzioni, del mercato e delle multinazionali, che ci dominano e ci colpiscono senza che ce ne rendiamo conto.

È vero, questo coglioncello di vent’anni, col cappuccio felpato sulla testa per il clima rigido lombardo, ha sparato due stronzate a vanvera a una telecamera e si è fatto masticare dagli eventi, ma la realtà che svela è ben più complessa e molto compromessa.
La scuola (quante inutili riforme, anche quella in atto), l’istruzione, la formazione sono allo sbando in questo Paese ed è in atto da tempo una progressiva e sistematica involuzione culturale, condita di agnosticismo e congenito pilatismo, a vantaggio della tecnologia, qualunquista e asettica, che non disturba più di tanto il manovratore di turno: la sostenibile leggerezza dell’essere e dell’avere, ma non del sapere.
E poi, Mattia, quegli imbecilli di milanesi, proprio lì dovevano parcheggiare?
8 maggio 2015   (Alfredo Laurano)
Questo è il fotomontaggio  più idiota e demenziale

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