domenica 24 maggio 2015

ARRIVA L'ISPETTORE

Ha quasi duecento anni, ma non ha tempo, non ha età e non ha confini. È la antica e ricorrente commedia degli equivoci che accompagna da sempre la vicenda umana e, di conseguenza, anche quella del teatro.
I temi trattati nell’Ispettore Generale di Gogol sono ancora oggi di estrema attualità e sembrano estratti dalle pagine dei nostri giornali e dalle TV: politici corrotti, mafie locali, denaro pubblico speso impunemente, tangenti, privilegi, favori.
Storie di normali abusi quotidiani che, grazie alle volgari peripezie di mezze squallide figure, si consumano e si trasformano, con qualche rara smorfia di paura, all’interno di situazioni tragi-comiche e incredibili, non lontane dalla realtà.

L’opera russa del 1836, messa in scena ieri sera al Teatro di Porta Portese dalla Compagnia “I Con-Fusi”, rappresenta tutto questo: bacchetta e denuncia, ricorrendo all’ironia, all’iperbole e agli sfumati contorni della farsa, una classe dominante, avida e ignorante, che già allora si sperava di contrastare. 
In una cittadina di provincia della Russia zarista, dove il podestà e tutti i notabili non sono proprio irreprensibili, si sparge la voce di una visita in incognito di un ispettore generale. Tutti entrano nel panico.
Nel timore di perdere i propri privilegi, vengono coinvolti in una sorta di gioco della paranoia collettiva, in cui cercano di essere galanti, remissivi ed ossequiosi per entrare nelle grazie di colui che credono eserciti un livello di potere centrale e superiore. Scambiano per il temuto funzionario, arrivato per giudicare e controllare, un giovane di passaggio, squattrinato e affamato, e iniziano a blandirlo.
L’ospite – che è peraltro in chiare difficoltà economiche, tanto da non poter pagare il vitto e la locanda – è invitato a soggiornare in casa del podestà e subissato da attenzioni, riguardi e offerte, anche d’amore e di denaro, dai vari maggiorenti del paese. “Sa, di cosa in cosa, durante il viaggio, ho speso tutto il mio denaro…se potesse prestarmi 300 rubli…! E tutti aprono la borsa.
Compreso l’equivoco, lo scaltro avventuriero ne approfitta al massimo, corteggia la moglie e la figlia del generoso podestà e fugge prima che la sua vera identità venga svelata...

E’ il racconto dell’eterna incapacità dell’uomo di vivere secondo regole giuste e di rispettare principi morali, legali e di coerenza, senza cadere nella generale ipocrisia. E’ la metafora universale dell’egoismo umano, dove ciascuno percorre la sua strada, ignora e accusa gli altri e li disprezza, se non quando si affaccia un pericolo comune che richiede un’alleanza utile e strategica.
Ben resa, sul piccolo e affollato palco del teatro, la caratterizzazione di tutti i personaggi che nascondono vizi, peccati, manie e vanità, nonché la superficialità di certi rapporti familiari e la guardinga complicità di tutta la comunità. Dall’arguto ispettore, alla sua spigliatissima scudiera, dal dissennato giudice, al saggio podestà, dalla sua caustica e spumeggiante moglie, all’ espressiva figlia, dalla prudente ufficiale postale, alla scaltra addetta alle Opere Pie e a tutti gli altri, mogli varie e locandiera, nei giusti abiti e nel ruolo. Ciascuno si cala in quei panni con misura e convinzione per rappresentare le varie classi sociali dell’epoca, dal più titolato al più umile, come, del resto, accade nella magia teatrale.
Gli attori si muovono con un ritmo vivace e pacato nello stesso tempo, in una collettiva interpretazione esilarante, equilibrata e quasi senza sbavature, dove il grottesco si fonde con l’umorismo, la satira si stempera nella farsa e la dimensione dell’assurdo si confonde con quella del paradosso e del patetico. E la vodka che scorre a fiumi.

In questo intreccio di false verità, di furberie e di astute strategie, non c’è posto per il bene e l’onestà: tutto è mosso dalla sete di denaro, di potere e di ricchezza materiale. 
Cambiano i tempi, le mode, i luoghi ed i colori, ma la sostanza umana non cambia, è sempre la stessa, anche se usa maschere, costumi e toni diversi.
I potenti se la spassano con i soldi e le tangenti, mentre gli altri vivono di stenti.
 24 maggio 2015                     (Alfredo Laurano)



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