giovedì 28 maggio 2015

LE STRADE DI ROM

Rom e migranti sono i temi da tempo alla ribalta dell’attualità. Gli argomenti di cui più si parla e si discute in ogni situazione e che riguardano, trasversalmente, tutti: cittadini, istituzioni, società civile. Soprattutto in tempi di elezioni.
Al di là delle strumentalizzazioni, dello sciacallaggio e dell’odio razziale, sparso a larghe mani e a vario titolo in ogni spazio di comunicazione, certe gesta dei Rom sono ormai un problema costante e quotidiano, anche perché troppo spesso rimangono impunite. E la rabbia, giustamente, sale.
E’ vero, ma non è questa la centralità della questione. 

Qualcuno - e non è certo la prima volta che succede - non si è fermato all’alt della polizia e, guidando in modo criminale ha ucciso una persona e ferito altre otto, seminando il panico in un quartiere romano, senza preoccuparsi delle persone, degli altri, del diritto alla vita di ciascuno.
Un delinquente, un farabutto, un assassino, quindi, che di qualsiasi colore, pensiero o religione sia deve essere punito severamente. Che sia rom o camorrista, napoletano o bergamasco, rumeno o africano, cattolico o musulmano.  
Questo è ciò che veramente conta.
Poi, su tutto il resto e per contorno, si consuma l'aspetto razzista e xenofobo della vicenda di reato, sul quale speculano, a mani basse, politici con la felpa o senza, media servili, sciacalli e fomentatori di piazze telematiche.

Ma chi si fa garante della giustizia? Chi vigila sulla sicurezza? Chi assicura protezione ai cittadini?
Meglio distrarre e indirizzare la pubblica opinione sulle finte e inconcludenti dispute a base di buonismo e tolleranza. Di litanie retoriche e rosari demagogici su accoglimento e respingimenti. Sugli sbarchi e i campi abusivi, sulle ruspe e sui barconi da affondare.
Meglio favorire e scatenare insulti, minacce e risse ideologiche e nazional-popolari sui social, sui giornali, sulle TV e sulla Rete.
Meglio aprire le valvole sociali del moderno sfogatoio da tastiera, che trattiene la rabbia collettiva e la incanala in obiettivi che possono ridurre il rischio fisico e limitare i danni. Anche perché l’esempio dei maggiori abusi, furti e vessazioni viene dall’alto, dalla classe dirigente, da chi esercita e gestisce varie forme di prepotenza e privilegio.
E’ la solita storia di ordinaria violenza quotidiana che noi tutti subiamo con la complicità dei rappresentanti del potere giudiziario, legislativo ed esecutivo, troppo spesso inefficaci, insufficienti, colpevoli ed incapaci.

Ogni giorno, per esempio, qualcuno - rom o qualsiasi altro comune delinquente - entra nelle nostre case, come e quando vuole: di giorno o di notte, con o senza persone dentro, incurante di allarmi, di grate, porte blindate e di chiamate alla polizia o ai carabinieri.
Predano, razziano, portano via le nostre cose personali e i nostri ricordi più cari, frugano con le mani sporche nella nostra biancheria, rovistano e mettono a soqquadro cassetti, mobili e cucine, lasciando le loro tracce disgustose (ricordini organici) nei nostri spazi, violando la nostra intimità.
Sono certi dell'impunità e terrorizzano anziani e bambini.
In troppi casi si è costretti a chiudersi dietro le sbarre e a vivere da prigionieri nella paura. Le forze dell'ordine arrivano sempre dopo o troppo tardi, non fanno indagini e si limitano a ricevere l’ennesima denuncia, consigliando di non nutrire speranze di recupero o di giustizia.

E’ giunta l’ora di reclamare il diritto alla libertà di esistere, di muoversi, di poter stare tranquilli per le strade e a casa propria. Prima che la rabbia, la voglia di vendetta e la situazione ci scappi di mano e si trasformi in una spietata caccia al ladro, al rom, all’immigrato, al diverso, a rischio stragi da Far West.
Prima che il Salvini di turno imbracci il fucile o incoraggi la legge del taglione.
Prima che qualcuno si travesta da giustiziere della notte.
28 maggio 2015    (Alfredo Laurano)

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