martedì 26 maggio 2015

FABBRICHE ANIMALI

Il servizio mandato in onda giovedì a Anno Uno è a dir poco sconvolgente, anche se non è il primo che vediamo. In rete ci sono tantissimi filmati sul medesimo argomento che suscitano lo stesso sdegno, la stessa repulsione.
L’inchiesta giornalistica condotta, furtivamente, ma con coraggio da Giulia Innocenzi, svela l’orrore e le torture di molti allevamenti intensivi in tutta Italia, dove migliaia di maiali sono costretti in veri lager, in condizioni tremende e assurde, a mangiare nei propri escrementi, mutilati alla nascita. 
Non hanno spazio, non si possono mai girare, né sdraiare, né muoversi. Si accavallano e sopravvivono a stento tra altri animali, già morti o malati.
Alcune bestie, distinte con un semplice segno in questa ignobile stalla dello schifo e dell’obbrobrio, diventeranno il pregiato prosciutto di Parma.
Scandalose anche le strutture dei capannoni fatiscenti, orribilmente sporche, piene di topi e scarafaggi che passeggiano a vista, con impianti elettrici improvvisati, pericolosi e mai revisionati. In terra, dappertutto, fiumi di liquami e odori nauseabondi. Non c’è aria, non c’è luce naturale.
Pare che oltre il 40% degli allevamenti di suini nel nostro Paese sia irregolare. 

Il sovraffollamento è una caratteristica comune di tutti gli allevamenti: conigli, polli, tacchini e galline, ad esempio, vengono ristretti in piccolissime gabbie, imbottiti di integratori chimici. Anche mucche e vitelli ingrassano nell’immobilità.
Una detenzione del genere reca sofferenze agli animali e dà luogo a continue patologie fisiche, contrastate con un massiccio uso di farmaci, che ha come effetto collaterale lo sviluppo di microrganismi resistenti e il conseguente, intenso ricorso ai trattamenti antibiotici. Che poi finiscono sulle nostre tavole, insieme agli ormoni somministrati.
I controlli sono troppo pochi o inesistenti e quasi sempre gli allevatori ricevono solo dei richiami e non vere e proprie sanzioni.
Secondo gli esperti, l’unica vera soluzione potrebbe venire da una task force del ministero della Salute che, potenziata e sostenuta, potrebbe essere lo strumento necessario per avere più ispezioni, denunce e sanzioni più efficaci e dare supporto ai veterinari. 

Alla luce di questo scandaloso trattamento degli animali-cibo, dobbiamo pretendere un minimo di dignità per le bestie e di rispetto per la salute umana.
E’ un problema di civiltà, di alimentazione e di sanità pubblica che non si può più ignorare.
Un efficace segnale da parte della popolazione sarebbe quello di ridurre drasticamente o abolire il consumo di carne, prima che diventi ulteriormente nocivo, anche dal punto di vista ambientale (consumo di acqua ed energia, desertificazione, smaltimento delle deiezioni animali e dello scarto, emissioni di gas e ripercussioni sul clima).
Gli animali sono esseri senzienti, capaci di provare sensazioni, emozioni, sentimenti, come ben sappiamo di un cane o di un gatto. Ma una mucca non è molto diversa, da questo punto di vista. Né un maiale: sono esseri intelligenti, affettuosi e curiosi.
Invece, vengono trattati come cose, come macchine da soldi, affinché il loro allevamento, la macellazione e la distribuzione risultino economicamente compatibili con i livelli richiesti dal mercato: i prezzi di carne, latte e uova devono essere accessibili per il maggior numero possibile di consumatori. Quindi zootecnia chimica e intensiva e basse spese per massimizzare i profitti.

Per chiudere, una riflessione psicologica.
I macelli sono sempre nascosti alla vista del pubblico: per potersi nutrire di animali, le persone devono allontanare il pensiero della loro uccisione, oltre che della loro “manutenzione”. Bisogna poter separare l'immagine dell'animale vivo, nei prati e nella fattoria - che oggi ormai non esiste quasi più (forse, l’uno per cento) -  e la sua carne da tagliare a bocconcini e infilzare con la forchetta.
Se ciascuno dovesse ammazzare da sé gli animali che mangia, sicuramente molti di loro non finirebbero nel piatto.

Tra vent’anni, ci saranno 11 miliardi di persone e quattro di animali da alimentare.
Questi temi, comunque la pensiamo, dovrebbero far prepotentemente parte di ogni progetto di educazione alimentare e della discussione centrale e prioritaria sulla produzione di carne e di allevamenti di Expo 2015 che si propone di nutrire il pianeta.
Ma come, a che prezzo e con quali conseguenze? Violentando o rispettando la natura?


25 maggio 2015    (Alfredo Laurano)

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