giovedì 18 agosto 2016

UOMINI E CAPORALI

Agosto, tempo di vacanze, di mare, spiagge, monti, caldo e solleone.
Ci tuffiamo in acqua, facciamo il bagno, oziamo sotto l’ombrellone, divoriamo una frittura di paranza, ci appennichiamo o ci rosoliamo sotto i raggi anche a mezzogiorno, fino a “friggere” in olio solare anche la pelle, che più nera non si può.
Poi, anche assai vicino ai nostri litorali, ci sono altri lidi e immense praterie che sembrano nuovi campi di concentramento: quelli della raccolta di prodotti della terra, dove altri neri, abbronzati non per scelta vacanziera o modaiola, si spezzano la schiena sotto lo stesso sole che abbrustolisce gli euforici bagnanti.

Le condizioni in cui sono costretti a lavorare questi avidi migranti che “rubano il lavoro agli italiani” - che, di conseguenza e nel frattempo, devono soffrire al mare o davanti ai condizionatori - sono disumane: alloggio in luridi tuguri - a volte, senz’acqua e senza luce - raccolta incessante di pomodori (o meloni, cipolle, meloni), dall’alba al tramonto, a schiena china, per un guadagno dai due ai cinque euro all’ora e quaranta gradi di calore. Ogni tanto, qualcuno cade e non si rialza più.
E’ la nuova frontiera dell’immigrazione agricola, dove tutto è regolato e controllato dal vergognoso fenomeno del “caporalato", che coinvolge circa 400mila lavoratori in Italia, sia italiani che stranieri, ed è diffuso in tutte le aree del Paese e in diversi settori dell'agricoltura. 

Il disegno di legge, appena approvato dal Senato e ora in attesa alla Camera, dovrebbe rafforzare gli strumenti di contrasto, civili e penali, colpendo i patrimoni con la confisca e riscrivendo il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Nonché norme sulla prevenzione e interventi a supporto dei lavoratori. 
Novità fondamentale è la modifica del codice penale per introdurre il principio della piena corresponsabilità tra il caporale e l'imprenditore, una descrizione dettagliata delle condizioni identificabili come sfruttamento e la previsione del controllo giudiziario dell'azienda responsabile del reato. Per la prima volta si andrà, quindi, a punire chi commissiona ai caporali lo sfruttamento: cioè le aziende, quelle che non rispettano la legge. 
“Le mafie uccidono anche senza sparare", ha ricordato la Boldrini. Ricatti e violenze sono tra le vessazioni che braccianti uomini e donne sono costretti a subire, anche dalla criminalità organizzata. Perché, appunto, la mafia ammazza in tanti modi. 

Intanto, il sindaco di Nardò, comune salentino, noto per essere stato in passato terra di battaglie e vittime contro il caporalato nei campi di raccolta, ha lanciato un significativo segnale per combattere lo sfruttamento dei braccianti migranti nella terra pugliese. 
Con il contributo di Coldiretti e Ministero degli Interni, ha fatto allestire un campo con tende, docce e presidio sanitario per quei migranti che dal mattino a sera lavorano nella raccolta di pomodori e cocomeri e ha emesso un’ordinanza che vieta il lavoro nei campi dalle ore 12 alle ore 16 fino al 31 di agosto.
Quanti altri Comuni potrebbero fare altrettanto e battersi per umanizzare questa nuova forma di schiavitù, in attesa che la legge smantelli l’orribile regno degli aguzzini caporali. 
 (Alfredo Laurano)



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