martedì 16 agosto 2016

L’IMPORTANTE E PARTECIPARE

Complici il caldo, la stagione estiva e vacanziera, i sospesi riti del dio pallone e l’ozio neuronale, gli italiani si scoprono grandi appassionati di Olimpiadi. Tifosi di sport fino a ieri sconosciuti e mai seguiti: dal tiro al volo al canottaggio, con e senza, dallo judo ai tuffi con triplo salto carpiato e avvitamenti vari, dalla corsa al nuoto, al volley, alla sciabola e al fioretto. 
Tutti parlano di podio e contano medaglie, come se non avessero mai fatto altro.
E, come sempre, tutti diventano subito esperti, competenti ed eruditi, dispensano giudizi, criticano gli atleti, parlano di doping e di arbitraggi. 
Accade lo stesso fenomeno, collettivo, indiretto e trasversale, che, ormai da tempo, ha prodotto e ci ha regalato la tecnologia. 
Da quando siamo ostaggio di internet e dei social, corre l’obbligo, quasi deontologico, di partecipare e commentare qualsiasi vicenda, fatto o personaggio che nemmeno ci riguarda o non conosciamo affatto: dall’ arte alla scienza, dalla metafisica alla politica, dalle grandi religioni alla psicologia da bar, dalla riproduzione dei coleotteri alla filosofia dei Pokemon. 
A prescindere dal bagaglio culturale, dal titolo di studio, dall’esperienza, dall’età o dal proprio fardello d’ignoranza, tutti ci specializziamo in tuttologia, spariamo sentenze, lanciamo proclami, umiliando quasi sempre, o molto spesso, grammatica e sintassi.

E pensare che la stragrande maggioranza conosceva a malapena Federica Pellegrini, la portabandiera, e la Cagnotto per sentito dire, oltre al calcio, già nei cromosomi, e a qualche frammento di tennis, di ciclismo, di automobilismo o poco più. 
E’ ovvio che, in assenza di un pur misero palinsesto di stagione e di teche storiche alla ribalta, madrina e maestra di tanto apprendimento è la televisione con le sue dirette non stop e con i suoi sovreccitati telecronisti, che sprizzano entusiasmo per contratto. E coinvolgono nel vessillo nazionalistico chi svogliatamente saltella col telecomando, sonnecchiando. 
Quasi per dovere di patria, per costrizione, per sottomissione o per pigrizia, in molti partecipano alla kermesse sportiva dalla comoda poltrona, celebrando il potere dei media e della persuasione occulta.
Ma, al di là di tutto questo e degli improvvisi interessi di occasionali principianti, 
restano comunque i valori che lo sport innegabilmente esprime, come amicizia, lealtà, rispetto, solidarietà, confronto e spirito di gruppo. Resta la forza di un linguaggio universale che unisce giovani, popoli e nazioni, superando divisioni, differenze culturali, sociali e religiose. Perché lo sport è espressione di forza e sentimento, di sacrificio e integrazione.

Non per niente e non a caso, a Rio, un giovane atleta cinese ha pronunciato la sua promessa di matrimonio alla sua compagna tuffatrice, appena medagliata, in piscina e con tanto di anello e discorso, in mondovisione, davanti a un solo miliardo di persone. 
 (Alfredo Laurano)

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