domenica 14 agosto 2016

BURQA BRUCIATI, BARBE TAGLIATE

Nell’orrore della guerra, tra le macerie delle città distrutte dai bombardamenti, senza luce, senza acqua e senza cibo, tra i tanti morti civili e gli ospedali colpiti dai raid aerei, in Siria non c’è proprio nulla da festeggiare.
Aleppo, la popolosa città a nord del Paese, è una città fantasma, assediata, inanimata. Fra scoppi, detriti, macerie e nubi di fumo, è diventata il simbolo di questa schifosa guerra di tutti contro tutti.

Ma a Manbij, ottanta chilometri da Aleppo, i jihadisti sono in fuga e hanno abbandonato i duemila civili, che avevano sequestrato per usarli come scudi umani.
Le forze curde e siriane hanno liberato la città martirizzata prima dal terrore e dalle rappresaglie dei miliziani di Daesh, che mandavano i ragazzini al fronte, e poi dai bombardamenti della coalizione anti Isis, perché tappa cruciale per i collegamenti con il confine turco: due mesi e mezzo di scontri e tanti raid aerei che non hanno risparmiato le vite di centinaia di donne e bambini.
E allora si fa festa o qualcosa che vi assomiglia: una festa di liberazione dall’oppressione e dal terrore.
Una donna brucia il burqa, una soldatessa bacia un anziano in lacrime, ragazzi ridono mentre un uomo si taglia la barba, madri ingabbiate in vestiti neri stringono i loro figli e piangono perché il loro volto è finalmente scoperto. Qualcuna, addirittura fuma una sigaretta, in segno di disprezzo.

E così le foto e i video di giubilo, dopo la cacciata dei militanti dello Stato islamico, stanno facendo il giro del web.
Tante cartoline che raccontano l’esultanza dei cittadini che si riversano nelle strade, celebrando la riconquista dei diritti fondamentali, negati nei due anni di occupazione jihadista. Festeggiano la ritrovata autonomia, compreso, appunto, quella di fumare e di far vedere il volto.

Chi trasgrediva il codice d’abbigliamento imposto dalla polizia religiosa veniva pestato con tubi di metallo, gli uomini, e catene per le donne. Si poteva essere massacrati anche solo per aver indossato un paio di pantaloni stretti o i jeans.
Ora, sollevate quelle maschere di stoffa che coprivano il viso delle donne, si vedono scendere tante lacrime di una gioia, a lungo dimenticata.
E’ un pianto triste di consolazione e di speranza.

Nell’ospedale pediatrico, bombardato e distrutto pochi giorni fa ad Aleppo, un medico eroicamente rimasto a lavorare in quell’ inferno, ha raccontato una storia straziante.
Si era presentato al suo ospedale un bimbo di 7 anni con in braccio il fratellino di 3, gravemente ferito dalla scheggia di una granata. Ma il piccolino è morto mezz'ora dopo il suo ricovero.

E in lacrime quel medico ha dovuto riconsegnare il corpicino del bimbo a suo fratello, che se l'è portato via tenendolo stretto al cuore.
Maledetta guerra.
Inutile e sciocca, la più bestiale prova di idiozia della razza terrestre.
14 agosto 2016 (Alfredo Laurano)

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