venerdì 19 agosto 2016

BURKINI DA MARE

Il burkini è un capo d'abbigliamento che, come il burqa e il niqab, è una gabbia per le donne e umilia pesantemente il loro corpo. 
“Non è un costume, ma è l’espressione di un’ideologia basata sull'asservimento della donna”, ha detto Valls in Francia.
Quindi, se il medium è il messaggio come affermava Mc Luhan, anche l'abito assume un forte significato nella comunicazione non verbale e può diventare strumento di provocazione e sfida nel villaggio globale. 
Immaginiamo, per esempio, i padani vestiti da barbari con le corna sull'elmetto o i naz con le svastiche e le camicie nere passeggiare sul bagnasciuga o sul lungomare. Anche costoro esprimerebbero la loro discutibilissima cultura.
Il burkini è un simbolo religioso, usato per affermare un’appartenenza culturale, sociale e politica: indossarlo non è frutto di una libera scelta femminile, ma di una costrizione fondamentalista e non aiuta certo la liberazione e l'emancipazione delle donne musulmane, né favorisce l'integrazione nei Paesi laici in cui vivono, prigioniere della propria cultura coranica integralista. 
Offende i diritti di tutte le donne, tanto faticosamente conquistati. Diritti di cui possono godere, in teoria, anche le donne dell'Islam.
(Alfredo Laurano)

IN RISPOSTA A COMMENTI VARI
Il problema, infatti, è proprio questo: ogni donna dovrebbe avere la libertà di gestirsi, di poter scegliere il proprio credo, il proprio modo di vivere e pensare, il proprio abbigliamento, senza essere frustata, lapidata, emarginata.
Per le donne islamiche questa opzione non esiste affatto: sono vittime e schiave, più o meno consapevoli, di una legge divina e teocratica che non rispetta la vita su questa terra, dove la sovranità è esercitata direttamente da un dio, storicamente identificato, attraverso il governo di uomini (profeti e sacerdoti), considerati interpreti, devoti e attendibili, della stessa volontà divina. Fino alla repressione, alla lotta e allo sterminio  degli infedeli, con ogni mezzo e modo (terrorismo), allo sfruttamento e alla sottomissione delle donne, al proprio martirio per fini escatologici.

Scrive un amico: “noi occidentali non capiamo quanto conti la tradizione e la religione per gli islamici, non abbiamo nessun valore così forte e radicato che non possa essere "estirpato" facilmente. Per noi la religione conta meno di niente. Capirai che fatica non aderire alle regole cristiane.”

E per fortuna siamo così! Per fortuna non veneriamo idoli e falsi miti!
Lo capiamo bene proprio perché, pur provenendo da una tradizione cristiana e papalina, siamo un Paese libero e laico, dove la religione resta una scelta e una libera opzione e occupa un suo spazio autonomo - anche se spesso assai politicamente invadente - e, oggi, non impone dogmi e comandamenti a chicchessia.
Siamo frutto dell’Illuminismo e del trionfo della ragione sulla barbarie, della liberazione dal fascismo e dal pensiero unico, della concezione materialistica e dialettica della Storia, dove l’uomo non è la rappresentazione di se stesso, ma lotta e si evolve per la sopravvivenza, realizzando un percorso di vita fondato sulla socialità , sui bisogni e sul loro soddisfacimento.
Prima o poi - forse fra molti decenni e molte generazioni e anche grazie alla potenza della tecnologia e delle rivoluzioni mediatico-culturali - anche gli islamici avranno un loro “secolo dei lumi” e le donne potranno praticare liberamente il naturismo. (A. La.) 19/8

Qualcuno dice: "sono fatti loro!"
Non sono per niente fatti loro, perché da tempo il mondo è diventato il villaggio globale. Non a caso si dice che "il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo”.
Ogni nostra azione corrisponde a una conseguenza futura. Ogni decisione che prendiamo può determinare un’infinità di possibili avvenimenti che possiamo prevedere solo in parte. Ogni piccolo gesto che compiamo può condizionare la nostra vita, ma anche la società in cui viviamo.
Basti pensare quanto l’economia mondiale sia fortemente influenzata da qualsiasi piccola variazione intervenga nella situazione di ogni Stato. L'aumento del costo del petrolio, per esempio, influenza i prodotti finali intaccando i consumi della popolazione. Gli effetti e le conseguenze di una guerra - come ben sappiamo - si ripercuotono su altri popoli e Paesi (esodi, accoglienza, migrazioni e terrorismo).
La crescente globalizzazione amplifica questo effetto farfalla. (A. La.) 19/8


Nessun commento:

Posta un commento