giovedì 25 agosto 2016

SCOSSE

Svegliarsi all’improvviso e non capire. Perché la coscienza è ancora sopita.
Tutto oscilla e trema, un pezzo di mondo crolla in un momento, mentre un boato trafigge l’aria e il buio della notte.
Come la guerra, come i bombardamenti: lo stesso paesaggio di polvere e macerie, la stessa paura.
Paesi sbriciolati che non esistono più, la vita cancellata sotto una trave, sotto un cumulo di pietre che diventa tomba.
In un istante, non hai più un letto, una casa, un tetto, un’esistenza.
Affetti, cose, abiti e ricordi si polverizzano in una dimensione altra e sconosciuta, che non ti appartiene, che ti spersonalizza e ti ruba i sentimenti e l’identità, di persona e di pensiero. Che ti lascia senza nemmeno una coperta o un paio scarpe.
Tutto, intorno, valica la soglia del non essere, anche da sopravvissuto.
Resta davvero solo il pianto e la disperazione, il senso del vuoto e dello stordimento, l'incapacità di riflettere, di pensare a domani, alla prossima notte, all'immediato futuro, alle persone care e alla famiglia, nonostante il conforto della solidarietà e la condivisione del dolore.
Poi, ti accorgi quasi subito che non è un incubo notturno, che tutto accade davvero, anche se filtrato da un fitto velo di incredulità.
Il terremoto è un volto terribile della natura che non risparmia niente e nessuno, che non ha pietà per bambini e misericordia per gli anziani.
Uccide umani ed  animali, distrugge abitazioni, chiese, strade, ponti ed ospedali.
Devasta l’anima.
25 agosto 2016 (Alfredo Laurano)

Amatrice prima e dopo







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