venerdì 22 gennaio 2016

NERO TROVATO, COLPEVOLE TROVATO

Se è stato condannato per aver agito in concorso con altri, tutti a suo tempo, si son chiesti e ancora si chiedono: e chi sono gli altri? E’ un fatto di pura, elementare logica, Watson!
La sentenza della Cassazione contraddice se stessa.
Ha stabilito che Amanda Knox e Raffaele Sollecito erano presenti quella sera sulla scena del delitto, ma sono innocenti, mentre Rudi Guede, nero ivoriano di vent’anni (all’epoca dei fatti), è stato accusato e condannato di omicidio in concorso “col nulla”, con la certezza processuale, però, di non aver materialmente accoltellato la povera Meredith.

Il "delitto di Perugia" è stato ripercorso in lungo e in largo nella magnifica puntata di Storie Maledette dalla bravissima, puntuale, attenta, misurata, ironica e incalzante Franca Leosini, partendo dalla assurda verità stabilita dalla sentenza che inchioda Guede come unico colpevole. Gli altri due sono liberi, famosi, scrivono libri, rilasciano interviste, guadagnano quattrini, sono ospiti d’onore dappertutto.

Il vero Rudy Guede che il programma ha scoperto, anche sotto il profilo umano e psicologico, non somiglia affatto al ritratto che i giornali e i media hanno dipinto per anni, per convincere l’opinione pubblica della sua colpevolezza. Serviva da subito un colpevole e il giovane ivoriano, in Italia da quando aveva cinque anni, aveva i migliori requisiti per essere sbattuto in prima pagina.
Al contrario di quanto gli stessi media hanno fatto per gli altri due imputati - prima condannati nei vari gradi di giudizio, poi definitivamente assolti in Cassazione a maggio scorso - che hanno avuto anche il sostegno di un’intera comunità e di mezza America, la prima (Amanda) e le brillanti scelte difensive e la forza economica di una ricca famiglia e di un padre iper-attivo, il secondo (Sollecito).

Per la prima volta, il condannato ha raccontato in TV dal carcere di Viterbo - dove sta scontando la pena da oltre otto anni - la sua versione dei fatti sull’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, rispondendo a diversi interrogativi rimasti finora senza risposta.
L’impressione che ne ho avuta, condivisa da tantissimi altri, è che - oltre a quanto dichiarato dal criminologo che lo ha seguito e che ben conosce: "non ho la certezza che Rudy sia innocente, ma ho tanti e troppi dubbi sulla sua colpevolezza" - che si sia rimasto vittima di una strategia processuale che all'epoca sembrava essere la migliore perseguibile, date anche le condizioni di partenza: difensore d’ufficio, imputato nero e squattrinato, prove a suo carico, sconto di pena di un terzo per la scelta dell'abbreviato.

Oggi, alla luce delle recenti conclusioni, quell'impianto accusatorio si è giustamente dissolto ma, nonostante ciò, sta scontando, purtroppo, i mali di una giustizia a volte ingiusta, discriminatoria e un po’ razzista.
Se avesse avuto lui la Bongiorno e se fosse ricco e bianco, forse, oggi sarebbe a spasso per Perugia.
22 gennaio 2016 (Alfredo Laurano)

Nessun commento:

Posta un commento