venerdì 29 gennaio 2016

DI VENTOTTO CE N’E’ UNO

Quando i bambini erano “normali”, amavano i miti, le fiabe e le leggende e quando qualcuno le raccontava, stavano con gli occhi sgranati ad ascoltare, a immaginare, a volare con la fantasia.
Nella famiglia patriarcale, la televisione non c’era e non si navigava in Internet, si accendeva il caminetto e i nonni erano delegati a narrare queste storie della fantasia, magari, con i nipotini in braccio, come vuole una certa iconografia di un lontano tempo.
Ora, è un po’ più difficile che tutto questo accada…

La tradizione vuole che oggi, domani e dopodomani (29, 30 e 31 gennaio), cioè gli ultimi tre giorni di questo primo mese dell'anno, vengano definiti come i "giorni della Merla", ad indicare il periodo più freddo dell'inverno.
Molte sono le versioni che spiegano l'origine di questa credenza, ma che vedono in tutte un unico protagonista: una Merla.
Scopriamone un paio, le più note, da raccontare, previo consenso, ai tecnologici nipotini.

La prima nasce in tempi assai lontani, quando Gennaio non aveva ancora 31 giorni, ma solo 28.
Si narra che Gennaio fosse particolarmente scherzoso e un po' invidioso, in particolar modo con una Merla, molto ammirata per il suo grande becco giallo e per le penne bianchissime.  E per questo si divertiva a tormentarla: ogni volta infatti che usciva in cerca di cibo egli scatenava bufera di neve e vento.
Stufa di tutto questo, la Merla decise di farsi furba e l'anno seguente fece una bella scorta di cibo che infilò nel suo nido, così che rimase per tutti i 28 giorni al riparo, senza bisogno di uscire.
Trascorsi i 28 giorni, la Merla uscì e cominciò a prendere in giro Gennaio: "Eh caro mio, quest'anno sono stata proprio bene, sempre al calduccio, e tu non hai potuto farmi congelare il becco nemmeno un giorno."
Gennaio se la prese così tanto che andò dal fratello Febbraio, che vantava ben 31 giorni, e gli chiese in prestito 3 giorni. " Cosa vuoi farne? " e Gennaio rispose: "Ho da vendicarmi di una Merla impertinente. Stai a vedere".  
E così tornò sulla terra e scatenò una tremenda bufera di neve che durò per tutti i 3 giorni.
La povera Merla, che era andata in giro a far provviste, per il forte vento non riuscì nemmeno a tornare al suo nido.
Trovato il comignolo di un camino, vi si rifugiò in cerca di un po' di tepore. Trascorsi quei freddissimi 3 giorni uscì dal comignolo sana e salva, ma le sue candide penne erano diventate tutte nere a causa del fumo e della fuliggine.
Da allora Gennaio ha sempre 31 giorni e i merli hanno sempre le piume nere.

La seconda versione, ambientata nel capoluogo lombardo, ha come protagonisti un merlo, una merla e i loro tre figlioletti.
Erano venuti in città sul finire dell'estate e avevano sistemato il loro rifugio su un alto albero nel cortile di un palazzo situato in Porta Nuova e poi per l'inverno sotto una gronda, al riparo dalla neve, che in quell'anno era particolarmente abbondante.
Il gelo rendeva difficile trovare le provvigioni così che il merlo volava da mattina a sera in cerca di cibo, che tuttavia scarseggiava sempre di più.
Un giorno il merlo decise di volare ai confini di quella nevicata, per trovare un rifugio più mite per la sua famiglia. Intanto continuava a nevicare.
La merla, per proteggere i figlioletti intirizziti dal freddo, spostò il nido su un tetto vicino, dove fumava un comignolo da cui proveniva un po' di tepore.
La tormenta tenne così il merlo lontano da casa per ben tre giorni (appunto gli ultimi tre di Gennaio). Quando tornò indietro, quasi non riconosceva più la consorte e i figlioletti: erano diventati tutti neri per il fumo che emanava il camino.
Nel primo giorno di febbraio comparve finalmente un pallido sole e uscirono tutti dal nido invernale. Anche il capofamiglia si era scurito a contatto con la fuliggine.
Da allora, i merli nacquero tutti neri.
Ma il clima è cambiato e, a dispetto delle leggende, quest’anno nei giorni della Merla non farà affatto freddo, ma potremo sempre ricordare ai più piccini le avventure di questo uccello intelligente dalle piume nere, che un tempo erano bianche come la neve.
29 gennaio 2016 
(Alfredo Laurano)



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