venerdì 29 gennaio 2016

CHE C’E’ DI BUONO?


Riccardo Jacona e la feroce Gabanelli resistono sul terreno dell’inchiesta, Formigli è sceso da tempo nella sua Piazza Pulita e ha sfidato l’Isis sul campo, con reportage realizzati di persona, tra colpi di mitra e di mortaio, in Iraq e nei pressi di Kobane. Maria Cuffaro s’è insediata al TG Tre, la Costamagna scrive sul Fatto e conduce trasmissioni, Ruotolo, più volte minacciato dai clan malavitosi, coltiva i suoi baffoni e il barbuto Bertazzoni, tra uno spintone e un calcio sulle palle, ha ritrovato spazio nelle strade, come inviato della detta Piazza.
Michele Santoro, padre putativo di tutti questi figli, è al momento disoccupato e non fa più talk show di approfondimento. Ma lancia “Buono!”: dalla mitica, “cattiva” Samarcanda, agli odori “buoni” di cucina.
Secondo alcuni rosica, ma non gli va più di risicare. E si sente forse abbandonato, anche se ha fatto sempre il paladino dei deboli contro il Potere, ha dato voce alle minoranze, ha denunciato abusi e soprusi, ha indagato e combattuto la Mafia.
Solo contro tutti: in Rai, in Mediaset, in tribunale, all’Europarlamento e nelle piazze.
E’ innegabile, anche, che nella sua lunga e coerente carriera abbia cresciuto e coccolato nel suo nido “sovversivo” quella bella schiera di giovani cronisti intraprendenti.
Oggi, sarebbe stanco, deluso e in crisi di contenuti perché, sempre per qualche retrivo benpensante - dal pensiero debole e dalla risposta facile - è “antico”, superato e il suo pubblico di riferimento non lo riconosce più come suo eroe popolare.

L’idea che adesso Santoro curi un inserto sul cibo appare sconvolgente.
Spezza una tradizione, rompe gli equilibri da tempo consolidati nella storia della televisione, disarciona i solidi riferimenti, i paletti e le etichette. Per definizione.
E’ come se Vespa smettesse di smarchettare i suoi libri, ora da Renzi e prima da Berlusca, o Del Debbio chiudesse le amate risse contro i migranti e silenziasse le labbra garrule della Santanchè.
Proprio il cibo! Il tema più inflazionato di questi anni.
Va bene il reflusso, la tendenza e il disimpegno, ma questo si chiama esagerare. Santoro deve continuare a occuparsi di politica, di società, di mondo e di mafia, non di cucina, pensano tutti. 
Ma lui, a sorpresa, spariglia e si rimette in gioco e forse si ricicla o, meglio si rinnova, o meglio percorre nuove vie in altre direzioni. E si inventa “Buono!”, un inserto di quattro pagine, abbinato al Fatto Quotidiano del venerdì.
L’idea è quella di farsi raccontare da uno chef per puntata una serie di posti del gusto e di indirizzi del cuore, senza per forza concentrarsi su altissimi livelli da gran gourmet.

Nel primo numero, Gualtiero Marchesi, 85 anni, indiscusso padre della cucina moderna italiana, racconta dei suoi luoghi preferiti, tra Parma e Milano. Luoghi antichi o comunque tradizionali, ma anche moderni e giovanili.
Inevitabile chiedersi se c’era bisogno di un nuovo inserto dedicato al cibo e scegliere di affidarsi ai consigli e ai ricordi di uno chef.
“La redazione di “Servizio Pubblico” purtroppo era piena di gente inadeguata alla rivoluzione - dice ironicamente il salernitano Masaniello - i più realisti si sono rifugiati nelle architetture che restano precariamente in piedi: le piazze pulite, le quinte colonne, i quartieri Ballarò, ritinteggiati a calce, quando non hanno trovato posto nel più astratto e meno deperibile ‘Di Martedì’.

Un gruppetto di fedelissimi, stretto intorno al guru, si è messo, quindi, in testa di parlare di alimentazione, perché pensa che il cibo sia diventato una vera ossessione, un’idea astratta onnipresente, un feticcio uscito definitivamente dal nostro stomaco per invadere le pagine dei libri e dei giornali, le Tv, la Rete e tutti i meandri angusti dell’informazione quotidiana. E vuole riportare questo mangiare infinito nel finito di un tavolo per riscoprire la forza del sapore, dell’odore, del gusto e, contemporaneamente, quello dell’amicizia e dello star bene insieme. Queste le ufficiali motivazioni che spiegano la scelta dirompente.

Sul cibo c’è tanto da dire, se si vuol indagare a monte della tavola imbandita o della cucina più alla moda. C’è da augurarsi che il nuovo inserto possa occuparsene, visto che il giornalismo d'inchiesta è sempre stato il pane di Santoro.
Oltre ai “consigli per gli acquisti” da scegliere e mangiare, è legittimo aspettarsi notizie sulle coltivazioni e sugli allevamenti intensivi, sui percorsi dal produttore al consumatore, sull'industria agro-alimentare i cui prodotti, biologici, di punta, di qualità, ma anche alterati e indesiderati - dai pesticidi, ai grassi idrogenati e all’olio di palma - finiscono nei nostri piatti e nelle nostre pance.
La rivoluzione non è proprio finita, anche questa può essere una battaglia.
 26 gennaio 2016 (Alfredo Laurano)



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