Molti
Paesi sconsigliano i viaggi in Italia.
La
Francia isola chi torna da Lombardia e Veneto.
Grecia,
Croazia e Serbia vietano le gite scolastiche in Italia e
consigliano ai
cittadini di evitare viaggi soprattutto in Veneto e in Lombardia, regioni che
sono state dichiarate "a rischio di contagio da coronavirus".
Il
governo irlandese, in una mappa indica come zone a rischio, cinque regioni
italiane: Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna e Lazio.
Anche
Israele ha
consigliato di "non recarsi in Italia".
Giordania
e Iraq hanno deciso il divieto di ingresso nel Paese ai viaggiatori provenienti
dall'Italia.
Il
governo britannico chiede a chi fa ritorno dal Nord Italia di rimanere in
autoisolamento a casa per 14 giorni.
Praga
ha riservato uno screening mirato e aumentato le misure igieniche per gli
arrivi dall' Italia.
Perfino
le Seychelles, paradiso delle vacanze, chiudono le spiagge agli italiani.
Francia
e Austria non ci vogliono e
non ci amano, quasi, da sempre.
Non
è escluso che, a breve, qualche stato confinante decida di chiudere le
frontiere con l'Italia.
Il
governo italiano ha proposto una riunione con i ministri della Salute dei Paesi
confinanti per arrivare a condividere linee d'azione comuni, per fare fronte
all'allarme. Forse, andava fatto prima, almeno un mese fa.
Gli
italiani sono diventati come gli appestati di Manzoni.
Come
i Monatti, che trasportano nei lazzaretti i malati o i cadaveri.
Come
gli Apparitori, incaricati di preannunziare l'arrivo dei carri dei monatti, con
il suono di un campanello che tenevano ai piedi o alla cintola, magari con
l’accusa di lasciar cadere apposta dai carri cose infette, per propagare e
mantenere la pestilenza.
O
come gli Untori, accusati di voler diffondere volontariamente il morbo,
spalmando in luoghi pubblici appositi unguenti venefici.
Fino
a qualche giorno fa, tutti ci amavano, tutti ci visitavano (turisticamente
parlando), tutti ci invidiavano bellezza, sole, storia e cultura.
Con
le mascherine, giravamo solo a Carnevale, non assaltavamo i forni e i
supermercati, non compravamo l’Amuchina a cento euro.
Eravamo
ancora un popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti e di navigatori.
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