mercoledì 10 luglio 2019

STORIE MALEDETTE


Quanto vale la vita di un ragazzo di vent’anni?
Della lunga soap-intervista di Franca Leosini ad un pentitissimo Antonio Ciontoli - in due puntate, come appunto in una fiction della RAI - più che l’atteggiamento e la conduzione della stessa nel sapere o voler adeguatamente incalzare il reo-confesso, con sufficiente capacità graffiante e spietatezza giornalistica, credo conti il senso, il perché, del confronto stesso. Al di là delle scelte televisive, di montaggio e di regia, o delle esigenze di cassa, di copione e di interesse pubblico. 
Come prevedibile, non si è scoperto nulla di nuovo, non è cambiata una virgola o una dichiarazione che già non conoscevamo, che non abbiamo già visto e rivisto, sentito e risentito, fino alla nausea, in questi quattro abbondanti anni, in tutte le udienze, le ricostruzioni, le linee di difesa, le bugie, le ipotesi e altre interviste inutili.

Allora, in attesa della Cassazione, che si pronuncerà il prossimo 7 febbraio - anche alla luce delle recenti azioni della Procura, che ha sentito nuovi testimoni (Vannicola) e nuovi indagati (maresciallo Izzo) - qual è stato lo scopo del programma, ovviamente concordato e scelto dai legali della famiglia omicida?
Il significato appare piuttosto chiaro ed evidente: smentire le ultime testimonianze e insinuazioni che hanno sconvolto la piazza e la pubblica opinione e ribadire che l’unico a sparare è stato il solo Antonio capo clan. Il figlio Federico non c’entra nulla e chi sostiene il contrario mente o è un visionario.
E la RAI pubblica l’ha consentito. Ha condiviso questa scelta, ha concesso questa ulteriore possibilità di difesa.
Cioè, ha rilanciato e amplificato la stessa linea, la stessa versione dei fatti, le stesse fantasiose affermazioni udite nel processo, che hanno portato, in appello, a una condanna lieve e inadeguata, ridicola e irrisoria, che potrebbe scendere ancora nella sua effettiva irrogazione.
 6 luglio 2019 (Alfredo Laurano)




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