domenica 27 maggio 2018

NEL VUOTO



No, non si riesce proprio ad accettare, a digerire, a elaborare in qualche modo la tragedia del viadotto autostradale di Chieti. Anche a distanza di qualche giorno, anche quando il tempo della riflessione ha attenuato il feroce pathos del momento, dello stupore, della incredulità, della violenza della nuda cronaca, che ha sconvolto la collettività e la pubblica opinione.
E tutti ancora si domandano come possa un padre lanciare nel vuoto la propria figlia di dieci anni, dopo aver gettato la propria moglie da una finestra di una palazzina. Un padre che tutti definiscono normale, come normale era la moglie, normale era la bimba, normale era tutta la famiglia. 

Ma, forse, è proprio in questa presunta e convenzionale definizione di normalità, reale o apparente e di facciata, che si può trovare uno straccio di risposta, magari retorica e consolatoria. 
Documenti e testimonianze dicono che lei, insegnante di lettere di liceo, era donna, madre e moglie stimata e irreprensibile, impegnata e seria nel lavoro, dedita alla famiglia, riservata e attaccatissima alla figlia, che adorava.
La bimba, socievole e studiosa, intelligente, preparata e circondata da affetto ed attenzioni. Lui, marito e genitore premuroso, improvvisatosi, o trasformatosi in assassino e poi suicida, era un manager lucido ed equilibrato, un ingegnere capace, altrettanto apprezzato, anche se provato e un po’ depresso per la perdita della madre di qualche mese fa. 
Anche l’intera famiglia, tradizionale, colta, borghese e benestante non mostrava segni di crisi e cedimenti. Nessun problema economico o sentimentale, psichico o di lavoro, nessun accenno di tradimenti, colpe o incomprensioni. Una famiglia tipo, “all'italiana”, basata su un accettabile compromesso fra impegno, amore, abitudini, legittime ambizioni e consapevolezza interiore.

Tutto, quindi, troppo normale, troppo di routine, di calma piatta, noia o assuefazione. 
All’improvviso, la catastrofe. Tutto precipita in un baleno.
Come una tempesta o un fulmine a ciel sereno, come un diluvio con il sole in cielo: non ci sono soltanto cicloni e uragani annunciati dalle previsioni meteo.
Nessuna causa scatenante come, per esempio, un abbandono o una separazione, una inaccettabile perdita di “possesso”, come fu nel recente caso, altrettanto doloroso e dirompente, del carabiniere che sparò alla moglie e uccise le due figlie e poi sé stesso, a Cisterna di Latina.

La mente umana resta in ogni caso impenetrabile e imperscrutabile, a dispetto di ogni studio e classificazione. I relativi comportamenti, le azioni che produce sono fenomeni variabili e indefinibili. Dipendenti o conseguenti a stili di vita, a regole morali, genetiche o sociali. Non è un interruttore che, secondo la logica o la fisica, determina sempre la stessa azione, utile o inutile che sia.
Nella nostra cultura, c'è poco spazio per la comprensione del reale valore di una vita umana, sempre più assimilato a quello di una merce che ha solo e sempre un prezzo: non c'è altra spiegazione. 
Una vita altrui che ci appartiene o che si può comprare, di cui ci si può appropriare con violenza o interrompere a piacimento, per un black-out del cervello, per un malinteso senso di giustizia, per un sospetto o per capriccio. 
Per questo, non sapremo forse mai il perché di questa improvvisa follia, non prevedibile, non annunciata, non evitabile. 
Resterà nella memoria collettiva l’immagine cruenta e lacerante di una bambina innocente e inconsapevole presa in braccio e buttata da quaranta metri in uno spazio vuoto, come quello esistenziale di un uomo ingiudicabile e disperato, rimasto aggrappato, per sette lunghe ore, a una rete metallica e su uno lembo di cemento, prima di porre fine, per stanchezza e sfinimento, al suo delirio.


“Ciao Ludovica primizia di vita, ciao Ludo fiore tra i fiori, ali di farfalla, bambina speciale tra bambini speciali. Ciao Ludo, la vita parla di te", ha detto con la voce rotta dalle lacrime, la maestra Mara, insegnante della piccola, in un abbraccio fraterno e solidale, rivolto a chi non ha perduto ancora l’insopprimibile voglia di umanità.
26 maggio 2018 (Alfredo Laurano)


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