giovedì 10 maggio 2018

LUI, LORO E NOI


Lui, loro, ma anche e purtroppo noi, spettatori attoniti, schifati, nauseati e pur paganti, in tutti i sensi, da quei “Loro”, scolpiti e immortalati nel film di Sorrentino.
Ma perché raccontare ancora Berlusconi che da un quarto di secolo è l'uomo più raccontato d'Italia, dalla stampa, dalle TV, dai libri, dal Web, dalla cronaca, da migliaia di interventi di ogni tipo, che - come dice qualche esasperato critico, insieme a casalinghe stanche e uomini comuni - non basterebbe una Treccani o un in file da cento giga a contenerli? 
E perché farlo in un'epoca in cui Crozza, tutti i giorni recita una parte di Lui e di quei Loro?
Non ci basta, non ne siamo tutti stufi, annoiati e infastiditi?
“Sono interessato all'uomo che sta dietro il politico”, risponde convinto Sorrentino.
In effetti, di Silvio Berlusconi, è già stato detto e visto tutto e forse troppo, anche perché siamo all’epilogo della sua epopea imprenditoriale e politica. Il suo regno - l'état, c'est moi - è di fatto tramontato, come quello assoluto di novello re Sole, intorno al quale tutto girava, in ossequio al più idilliaco edonismo.
Ma come dice Scamarcio, nei panni del procacciatore Tarantini: “Me l’hanno chiesto loro” -“Loro chi?” - “Loro, quelli che contano”. 
O quelli che, aggiungerei, speravano di contare e di lucrare. E in molti ci son riusciti in pieno.
Quelli che Berlusconi, il suo mito e ciò che significava - potere, soldi, prestigio e privilegi - lo anelavano, lo bramavano, se lo contendevano, se ne approfittavano, nel culto totale della sua personalità.
Faccendieri ambiziosi, imprenditori rampanti, vergini candide di nome e cortigiane più o meno contorsioniste, politici sessuomani e corrotti, giullari, escort e papponi vari, devoti e sottomessi: un circo che ruotava intorno al sole, al grande Lui - venerato in una forma di pura idolatria sociale, più religiosa che politica - in infinite orge, fiumi di denaro, droga, sesso ovunque e in tutti i modi, con annesse specialità erotiche della casa.
Loro, vittime, più o meno consapevoli di un potere che essi stessi hanno sostenuto e, nello stesso tempo, anche subito. Loro, in parata tossica e ripugnante di forme oscene e immagini allucinanti, di momenti surreali e scene irrelate di esibizionismo e umiliazioni;
Fatti veri o di fantasia si mescolano a personaggi fittizi o ispirati, come il Ricucci di Ricky Memphis, il ministro simil-Bondi di Fabrizio Bentivoglio, l’“ape regina” Sabina Began nella Kira di Kasia Smutniak e il fantomatico “dio”, che nessuno ha mai visto (un nuovo Licio Gelli?), in una ridicola giostra che gira su un vuoto cosmico e che ricorda una vera “Grande Bruttezza”.

Per quasi un’ora di film, Silvio, il Lui pur evocato di continuo, non compare. L’attesa ne accresce il ruolo e l’importanza.
E’ come un Berlusconi separato dal berlusconismo, come l’uomo distinto dalla sua ideologica rappresentazione, che ha plasmato l’immaginario collettivo popolare e condizionato il comportamento di un intero Paese, facendo leva sui suoi istinti più bassi e primordiali.
Fra atmosfere amorali e decadenti, fra suoni e musiche assordanti, al limite della sopportazione, prende corpo e vita un vero puttanificio a cielo aperto, un suk fatto di viziosi e madri che, tra una fiutata di coca e l’altra, scaldano nel forno i sofficini ai figli, nel quale affiora e si rivela quella vivida corruzione che Lui stesso ha creato e diffuso, modificando antropologicamente gli italiani, con i suoi giornali, le sue TV, le sue donnine e nipotine.
Così, dopo tanta droga e un via vai di zoccole, dopo varie allegorie un po’ scontate e manieristiche di animali (dalla pecora iniziale al rinoceronte, dal dromedario al ratto) e di rifiuti sparsi in aria da un camion Ama, precipitato nei Fori Imperiali, appare finalmente sullo schermo la maschera di Toni Servillo, con parrucchino incorporato fra il viso rugoso e plastico e l’attaccatura innaturale dei capelli, quasi un simulacro deformato del potere.
Dalle infinite sequenze di feste e piscine dove tutti scopano con tutti, si passa alla quiete verdeggiante della sua villa Certosa in Sardegna.
E’ una lenta digressione familiare, opposta all’ossessività compulsiva precedente, che finisce per restituirci paradossalmente un ritratto inedito e quasi umano di Berlusconi, con le sue emozioni, la generosità, l’ironia, le paure e le delusioni. 
Un uomo che si ritrova ad affrontare la solitudine e il disprezzo di una moglie depressa - una Veronica, interpretata da una magnifica Elena Sofia Ricci - che legge Saramago, disgustata dalle vicende extraconiugali del marito con escort e ragazzine. Un comune nonno che spiega al nipote, senza vergogna, che la verità è solo la convinzione e il tono con cui si fa un’affermazione e come ha fatto della menzogna il segno distintivo della sua vita. 
Che parla del Milan, della forza del denaro, del celebre vulcano della villa e della visita di Putin, tra le sfide a suon di note fra Apicella e Fabio Concato, che fece nascere l’antico amore per la bella moglie.

Ma il bersaglio del regista resta sempre la denuncia della corruzione.
Come l'assistente personale di Berlusconi ricorda al ministro in crisi: "ci sono solo due categorie di persone incorruttibili: i ricchi, perché non ne hanno bisogno, e i poveri, perché non hanno nulla da offrire". Le ragazze giovani e belle, invece, qualcosa da offrire ce l'hanno sempre in un sistema in cui la sessualità e l'esercizio del potere sono inscindibili.”
La mercificazione del corpo femminile è un caposaldo dell'era e della filosofia berlusconiana e Sorrentino lo sa bene.
In questo film, Loro1, ne illustra il processo e il senso, mettendolo al centro di quel sottobosco volgare e parallelo, costituito da una fauna repellente, che cerca di lambire il mondo paradisiaco di Berlusconi, che tenta in tutti i modi di entrare nella sua corte magica, promettendo tanta gnocca, assoluta fedeltà e totale sudditanza, incurante del disastro etico, sociale, educativo che a sua volta, a cascata, amplifica e produce.
Come ci sorprenderà con Loro, atto secondo?
9 maggio 2018 (Alfredo Laurano)


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