domenica 14 maggio 2017

NEL SEGNO DI ZORRO

Non sapevo, non me l’aspettavo: anche Oliviero Beha se n’è andato all’improvviso, dopo breve malattia, a sessantotto anni. Aveva, da pochi giorni, ricordato e salutato, sulle pagine del Fatto Quotidiano, Boncompagni e Valentino Parlato.
Libero, lucido, diretto, indipendente. Mai banale, anzi stroncava la banalità dominante e appariva sempre, soprattutto sullo schermo, come persona vera che interpretava la voce della libertà. Mai asservito al potere ma, al contrario, sempre autentico, totalmente indipendente e a volte scomodo.
Radio, TV, giornali, libri, sempre nel segno di Zorro (suo programma, prima radiofonico, poi televisivo), nel segno della denuncia, della critica feroce, della scomoda verità e senza sconti per nessuno: nello sport, nel costume, nella politica, nella società delle contraddizioni. Diceva spesso che il compito di un giornalista è raccontare la verità perché è un diritto di chi legge sapere i fatti per poter elaborare una propria opinione basata sul vero e non “indirizzata” o “deviata”.

L’ho conosciuto tanti anni fa nel corso di una complicata intervista sul tema della pubblicità, fatta, in mezzo al traffico, a piazza Venezia: attento, paziente, disponibile.
Poi, ci siamo incontrati a cena, insieme all’amico Antonio, inventore creativo del relativo festival a suon di spot con animali, per discutere il programma e i vari aspetti di quanto da lui ideato.
Forse, la migliore descrizione di Oliviero l’ha data una delle sue figlie, in un una lettera appena scritta per lui: carattere burrascoso, a volte irriverente, spesso ironico, dispotico e a tratti per alcuni arrogante, è stato, è, e rimarrà un giornalista libero. La “libertà è un lusso di pochi” mi ripeteva…
E lui l’ha sempre cercata, perseguita e rispettata. E oggi, raggiunta per sempre, anche se ha lasciato solo “suo nipote nella giungla”.

 (Alfredo Laurano)

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