domenica 14 maggio 2017

C’ERA UNA VOLTA UN LEONE

Da qualche anno, il panorama zootecnico o, forse, meglio zoo-tecnologico si è arricchito di un nuovo, superbo esemplare che sta velocemente scalando le classifiche della qualità, della conoscenza e della competenza: il leone da tastiera.
E’ un mammifero sociale che appartiene a una razza estesissima dalle sembianze antropomorfe, come quelle di certe scimmie o primati o di alcune divinità mitologiche. 
E’ un ominide formatosi molto velocemente nell’era contemporanea, morfologicamente simile al pitecantropo, che non vive nella savana tropicale, sugli alberi o nei mari, come molti suoi simili, ma all’ombra riflessa e complice di uno schermo a luce blu di computer, di tablet o smartphone.
Non si nutre di cibi o valori naturali, di cultura laica e profonda, ma di energie malate che si ricaricano in automatico nelle vocabolario dell’odio e del rancore, negli stagni del vile pregiudizio.
Vive, vegeta, opera e si riproduce, senza freni o limiti spazio-temporali, dappertutto.
Non importa dove: giornali e siti on line, TV, blog o social network.
Non importa come o quando e se opportuno: interviene sempre e comunque. 
Non importa l’argomento, il tema in discussione, né, tanto meno, la competenza, ma il (pre)giudizio morale, politico, sociale, psicologico, religioso e sportivo.
L’esemplare è onnipresente, onnisciente, onnipotente: sa sempre cosa dire, cosa fare, cosa pensare, come risolvere, come criticare, condannare, insultare, denigrare, offendere.
Non importa perché e, soprattutto, il senso o la necessità della sua esistenza.

Accanto a tal razza di leone - ma assai spesso coincide - pascola il webete che, poi, è un analfabeta funzionale, come lo sono, pare, Il 70% degli italiani, cioè: legge, guarda, ascolta, ma non capisce a fondo, non decodifica il messaggio e il suo significato.
È gente che, per spirito di contraddizione puro, senza documentarsi, senza approfondire e prescindendo dai fatti e dal contesto, va ad ingaggiare duelli, confronti o conflitti di parole, di slogan, di battute sul web o dove sia, innalzando il vessillo dell’ignoranza e della malafede.
Questi esaltati opinionisti a perdere, che affollano l’infinita prateria del Web, conosciuti anche sotto il nome di Internet “haters” - odiatori nascosti e protetti da nickname più improbabili - avvelenano le discussioni con i loro commenti improntati a un odio violento e immotivato. Non si tratta di casi o di qualche post particolarmente volgare o dirompente, ma di un atteggiamento costante di disprezzo e di provocazione che inquina ogni fonte di confronto on line. Spargono continuo letame.
Insulti a raffica, offese gratuite, proclami razzisti e sessisti, minacce di morte a personaggi popolari, a gente nota e delle istituzioni e a comuni cittadini.
Sono tantissimi anche i ragazzini minorenni, che disseminano il web di atti, di video e di grida di bullismo, che condividono ad oltranza, provocando danni irreparabili a coetanei. Nessuno si indigna, anzi, molti li incoraggiano con valanghe di “mi piace”. Ed è semplice dimenticare che la violenza nasce dalle parole, ancora prima che dagli schiaffi. 
“Ogni giorno - ci ricorda il satirico Lercio - migliaia di leoni da tastiera soffrono nel loro habitat naturale. Sempre connessi, nei forum, sui social network, sui siti d’informazione, ovunque nella Rete, vedono un mondo distorto, ovattato, distante dalla realtà.
D’altronde, su Internet c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, da vedere e da insultare, che non permette di evolversi da leoni da tastiera a pecore da strada.
 (Alfredo Laurano)


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