giovedì 18 maggio 2017

MALTESE, L’ALTRO COMMISSARIO

Quello che via via, ma forse quasi subito, colpisce di questa nuova fiction di Raiuno è l’umanità del protagonista e di tutti i personaggi principali, a discapito di violenze, pistole e poliziotti e in contrasto con la dura verità, che la stessa trama vuole con forza raccontare.
Dario Maltese, il commissario, è lontano da certi abituali cliché di investigatore, è una specie di eroe positivo, un uomo di legge siciliano fuggito molti anni prima dalla sua terra e inseguito da un passato doloroso. 
Quando nel 1976, il suo migliore amico viene ucciso davanti ai suoi occhi, decide di tornare nella sua Trapani e affrontare la mafia, un mostro di cui all’epoca in molti negavano l’esistenza, e di smascherare gli intrecci fra la stessa mafia e la politica. 

E’ uno sbirro atipico, non è un duro, è un uomo dolce, anche nei modi e nell’aspetto, che ritrova momenti del suo passato (soprattutto l’adolescenza e il “suicidio” del padre) nel percorso che intraprende, mischiandosi alla nuova realtà e diventandone parte. 
La sua storia personale, i suoi ricordi, i flashback dell’infanzia contribuiscono a creare un clima non troppo cupo e pesante, anzi, alleggeriscono un racconto così duro e drammatico, ingentilito dagli affetti e dai sentimenti. 
Nonostante la sua vita verrà messa in pericolo, tanto che sulla sua testa pende ormai una vera e propria condanna a morte e il rischio, anche per chi gli sta vicino, si fa sempre più alto, lui non è intenzionato a mollare, non cederà di un passo. Per determinazione, per amore della verità, per ostinata ricerca di giustizia, continuerà le sue indagini senza sosta, arrivando a scoprire il malvagio intreccio fra la mafia trapanese e i vertici delle istituzioni locali e nazionali.
Tutto si svolge in una cornice naturale e spettacolare, come la Sicilia e in particolare Trapani, capace di incantare lo spettatore in più di un passaggio, come del resto riesce a fare il protagonista, un credibile, austero e sensibile Kim Rossi Stuart, e tutto il cast di bravi attori, che entrano perfettamente nei propri personaggi (tutti con un soprannome tipicamente siciliano), quasi confondendosi con essi, in un racconto vero, spontaneo, coinvolgente e mai esagerato.

Non a caso, il cast è stato scelto con cura, analizzando su giornali e documenti dell’epoca, i volti dei poliziotti siciliani. 
Fedeli anche le ambientazioni, anni settanta, di case, di uffici e gli arredi, nonché gli abiti, il taglio di capelli, le auto, l’abuso di fumo e sigarette nelle scene: tutto reso realisticamente attraverso una fotografia essenziale e puntuale che accompagna una narrazione filologicamente corretta, nei colori, nelle sfumature, nelle odorose sere trapanesi, nei paesaggi, nei suggestivi scorci marini, nei giorni grigi e senza sole. 
Ricostruzioni, perfette inquadrature, appropriati silenzi e ritmi, volutamente lenti, favoriscono il pathos, la suspense e la partecipazione emotiva.

Alcuni ruoli della fiction sono ispirati a figure realmente esistite. 
Quello di Maltese è ispirato a Ninni Cassarà, poliziotto assassinato da Cosa Nostra nel 1985. Il cronista coraggioso e idealista, Mauro Licata, si rifà a Mauro Rostagno, anch’egli poi ucciso dalla mafia.
In conclusione, un ottimo esempio di diversa sperimentazione narrativa che sceglie un linguaggio inusuale e innovativo, pur nella tradizione del genere drammatico, per raccontare un mondo violento, spietato ed ingiusto in una vicenda di scottante attualità, non vera, ma che ha molti elementi di realtà.
Anche se, alla fine di questa originale storia, si affaccia una singolare riflessione, un indizio che spiega l’origine di un particolare fenomeno mafioso, che nasce imprevedibilmente da una perversione umana, non solo del potere: "esistono cose contro cui non puoi combattere, l'amore è una di queste". 
Chi ha visto il romanzo del commissario sa bene perché. (Alfredo Laurano)

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