lunedì 27 marzo 2017

UN SABATO QUALUNQUE, UN SABATO ITALIANO

Il peggio sembra essere passato….
Tornando alla giornata di sabato scorso, che ha visto svolgersi due eventi di non poco conto, sotto vari punti di vista, occorre fare qualche altra riflessione.
Durante la cerimonia della celebrazione dei Trattati in Campidoglio, nei discorsi ufficiali dei capi di stato e di governo, tutti hanno parlato dei problemi sociali, dell’economia che si nutre delle diseguaglianze, delle promesse e degli impegni per costruire un’Europa sociale, giusta e libera, in piena contraddizione, però, con le vicende di attualità dei migranti ai confini o con i recenti esempi della Grecia in forte sofferenza.
Tante belle parole, gonfie di retorica e lontane dallo spirito ideale dei costituenti e dei precursori di Ventotene, che non hanno cancellato le divisioni politiche dell’Unione europea, anche nel rito della ricorrenza e secondo il protocollo, per dare solennità storica all’avvenimento.

Le concomitanti manifestazioni di protesta in programma a Roma nella stessa giornata di sabato e il timore di possibili attentati avevano creato un clima di allarme senza precedenti.
Un avviso di pericolo lanciato attraverso un bombardamento mediatico a tappeto che ha spaventato tutti, svuotato la città e visto le piazze di una Roma spettrale e impaurita: gente chiusa in casa, traffico deviato, negozi e quartieri chiusi, strade deserte occupate da vigili, mai così numerosi, in ogni angolo del centro storico e, naturalmente, uno spiegamento massiccio di mezzi e forze dell’ordine per i venti di guerriglia che giornali e televisioni avevano annunciato a tamburo, formidabile antidoto a una partecipazione più larga di manifestanti.
In questo scenario anomalo e inusuale, in una città blindata, semivuota e minacciata, in ansia sui pericoli della piazza, i vari cortei hanno scandito pacificamente la protesta e l’impegno per “rifondare l’Europa”.

E, “purtroppo”, non è successo niente di ciò che si temeva: merito della prevenzione, dell’intelligence, dei servizi di sicurezza, del senso di responsabilità dei dissidenti? Nemmeno un black bloc o qualche infiltrato di circostanza, utile al sistema. Quasi una delusione, qualcuno ci sarà rimasto male.

Tutt’altro clima, tutt’altra scena, nelle stesse ore, a Monza e a Milano, per l’altro atteso avvenimento del giorno.
La massiccia presenza popolare che non si è vista a Roma, città chiusa che ospitava i leader europei, era ad accogliere la visita di papa Francesco nel suo viaggio pastorale tra le periferie a parlare di povertà, di lavoro, invitando la gente ad “abbracciare i confini”: un milione di persone al parco di Monza, ottantamila nello stadio tutto esaurito di San Siro.
Ha visitato e pranzato con i detenuti di S. Vittore, primo papa nella storia, ha telefonato a una cittadina malata in ospedale come fosse una sua sorella, si è intrattenuto con una famiglia musulmana e, come è ormai prassi, a fare selfie, ha usato un bagno chimico sulla strada, ha parlato ai ragazzi di bullismo e di genitori che litigano e fanno soffrire i figli

Bagno di folla, quindi, dalle "Case bianche" all’incontro nel Duomo con il clero, per questo
“Papa degli ultimi”, che ogni volta richiama e promuove grandi numeri e tante spese per l’organizzazione, per le città presidiate, per le strutture, per un milione di sciarpe di saluto, per spostamenti e misure di estrema sicurezza.
In parallelo, come sempre accade dove c’è da speculare, l’inevitabile business dell’accoglienza: camere e alloggi “vista papa”, proposti sul web, anche da privati, a prezzi vergognosi.
È pesata un bel po’ alla Curia di Milano - e anche allo stato e agli sponsor - la visita di Papa Francesco.
Il solo gigantesco palco di Monza da rockstar - una struttura lunga ottanta metri con due mega torri di alluminio per sorreggere la copertura e, a fianco, una tribuna con cinquecento posti - pare sia costato, per poche ore di utilizzo, un milione e trecentomila euro.
Uno spreco davvero intollerabile per recitare una grande messa popolare, per sponsorizzare il credo e fare campagna acquisti di fedeli.
Bergoglio, non credo, sia d’accordo, ma nulla può quando prevale la ragion di stato, che tutto giustifica, se utile alla causa, e non conosce alcuna forma di morale.
27 marzo 2017 (Alfredo Laurano)

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