giovedì 30 marzo 2017

“CHI ARRIVAVA MENAVA”

Che schifo di Paese è questo, che razza di giungla selvaggia è diventata, percorsa in lungo e in largo da bestie apparentemente umane, di ogni tipo, spietatezza e dimensione.
Da chi ammazza i propri figli di due e quattro anni a martellate, a Trento, prima di gettarsi da un dirupo. Da chi, amico intimo di famiglia, infierisce con estrema brutalità su una giovane commessa a Cirò Marina, lasciandola morire in una pozza di sangue. Da chi sopprime la propria madre con numerose coltellate e poi la mura, ancora viva, in una intercapedine della villetta dove abitavano insieme, a Casalpalocco.
O da chi, senza ragione, per futili motivi o quasi per gioco di supremazia del branco, massacra un ragazzo di vent’anni, Emanuele, trascinandolo a lungo in una piazza nel centro storico di Alatri, davanti a una discoteca e a una trentina di persone afflitte da indifferenza o piene di paura.

Il giovane ciociaro è stato colpito, in tre momenti diversi, da più persone.
All’interno del locale, qualcuno sgomita, battibecca con la barista, si appoggia a lui, lo urta.
Tra i due nasce un diverbio: spinte, insulti, strattonate; il violento, ubriaco, afferra un portatovaglioli dal bancone e colpisce il giovane, in compagnia della fidanzata.
Poi, secondo le cronache e le ricostruzioni dei Carabinieri, scoppia la vera rissa, calci e pugni, tutti verso il giovane Emanuele. Il locale si divide in due, qualcuno scappa fuori, altri cercano di separarli, mentre molti, anche due buttafuori del locale, si accaniscono solo su di lui, lo prendono per il busto, lui si dimena, la maglietta arancione si strappa, lo portano in un angolo vicino a una colonna, continuano a prenderlo a calci e pugni. E lo trascinano fuori, con la forza.
Tutti contro uno, Emanuele, continua a gridare, il sangue gli esce dalla bocca.
La situazione è fuori controllo, a picchiare c’è anche un gruppo di albanesi, amici dei due delinquenti fermati oggi e messi al gabbio, in isolamento.
L'aggressione continua all’esterno, mentre qualcuno prova ad aiutare l’amico a terra. Comunque, Emanuele riesce a divincolarsi, scappa verso la parte alta della piazza.
Ma il branco criminale lo insegue, viene strattonato, colpito alla testa e al collo con un manganello e una chiave a L per le ruote. Uno va in macchina per prendere una pistola, ma la ragazza glielo impedisce. Sono una ventina ormai, lo pestano mentre lui è di nuovo a terra. C’è anche un cinquantenne, capelli bianchi: è il padre di uno degli arrestati, che non è certo lì per dividere.
“Chi arrivava menava, anche se non c’entrava niente”, diranno poi gli amici sotto choc.
Emanuele crolla privo di conoscenza, sbatte la testa contro una macchina, ma quelli continuano a colpirlo. Non dà segni di vita, non respira, ha la lingua tra i denti, a calci lo spingono sotto l’auto. Gli amici provano ancora a soccorrerlo. Ma è troppo tardi. 
Quando finalmente arrivano i nostri - i carabinieri e il 118 - lo sfregio finale: il branco di assassini, ridendo, entra in un bar dicendo: “L’abbiamo tolto di mezzo, l’abbiamo ammazzato”. Agghiacciante! Una raccapricciante storia di sadismo collettivo e crudeltà in quella che, fino a qualche tempo fa, era la semplice, tranquilla e anche noiosa provincia italiana. 
E non venite a parlarmi di provocazioni, di giustificazioni economiche, psicologiche o di tare ereditarie. Non venite a dirmi che la colpa è dell’alcool, della droga, del disagio sociale o familiare.
La comunità di Alatri è profondamente scossa, gonfia di rabbia, ferita da tanta ferocia e disumanità, pur nell’omertà che la paura aveva generato. Serpeggia una naturale e palpabile voglia di vendetta, in attesa che si faccia rapidamente giustizia.
Ma siamo nella patria del garantismo: quei barbari si faranno difendere dai migliori avvocati, sceglieranno il rito abbreviato, avranno la riduzione di un terzo della pena, si diranno pentiti, dispiaciuti e che non volevano uccidere. Un’attenuante, un po’ di buona condotta e se la caveranno con poco.
Quanto accaduto nella città laziale non è certo un caso isolato, un fatto raro irripetibile: ogni giorno una prima pagina di giornale ci sconvolgerà ancora, oltre a farci inorridire per tutto il resto di quotidiane atrocità che questo mondo e questa società malata ci riservano per amor di civiltà.
29 marzo 2017 (Alfredo Laurano)



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