venerdì 8 novembre 2013

POI DICE CHE VOTANO GRILLO!

Ne abbiamo tante, forse troppe, nelle nostre tasche. 
Da quella sanitaria a quella bancomat, passando per quella d’identità, della metro, del supermercato, dello stadio, del teatro…
Anche i più bisognosi e i più indigenti ne hanno almeno una: quella di povertà, che oggi si chiama social card. Questa, però, di solito, è unica e sola.
Ma, magari, ci manca proprio quella del PD! Difficile, ma può capitare.
Qualche bravo e solerte segretario di sezione ce la fornirà senza farne la richiesta, ad libitum. Tanto per alzare l’audience!

Una volta c’era quella, obbligatoria, per il pane e la farina che permetteva di mangiare. Quella del partito che ci faceva sperare nel sol dell’avvenir e in un mondo migliore. Quella della P2 che garantiva protezione, aiuti ed amicizie importanti.
Ognuna, comunque, soprattutto oggi, è simbolo di appartenenza, di fedeltà e di adesione a un gruppo o ad un progetto. Uno strumento di democrazia che si sceglie liberamente perché si crede in un’idea.
La tessera ha un valore fortemente rappresentativo e distintivo che non può essere svilito da irregolarità, scambi da mercato e trame congressuali, soprattutto agli occhi di chi ancora crede nella buona politica e sostiene con passione e con fierezza – com’ era ai tempi del PCI – le proprie convinzioni. C’era qualcuno che la tessera del PCI la esibiva con orgoglio anche al seggio o in farmacia.

Queste vergognose risse, polemiche e sospetti sulle tessere gonfiate del PD sono la naturale conseguenza delle divisioni e dello scontro in atto fra le diverse anime di quel partito, costrette a confrontarsi in un multi-contenitore, promiscuo ed eterogeneo, degno della peggiore DC delle correnti, di  cinquant’anni fa.
Con buona pace di chi rimpiange e ha nostalgia di Berlinguer.


8 novembre 2013                                                     (Alfredo Laurano)


Nessun commento:

Posta un commento