sabato 23 novembre 2013

ENDORSEMENT, L'AIUTINO INVOLONTARIO

Forza Italia è stata ufficialmente riesumata, il PDL archiviato e cancellato, la scissione si è contestualmente consumata, la ministra Cancellieri salvata da Letta e da Napolitano. Risultato? Il governo si è rafforzato: numericamente è meno consistente, ma politicamente più forte. Non può più essere ricattato o condizionato dagli umori quotidiani e dalle vicende personali e giudiziarie dell’ancora cavaliere, che presto passerà all’opposizione.

Dopo la farsa-pagliacciata del 2 ottobre scorso, con la mossa a sorpresa di Berlusconi che annunciava, in zona Cesarini, la fiducia al governo, con “travaglio e sofferenza”- per far finta di contare ancora e per trattenere la fronda dei dissidenti, pronta a formare un nuovo gruppo - appariva piuttosto chiaro che la frattura era insanabile. Di fatto, ne anticipava il divorzio, rinviandolo solo di poche settimane.
Dalle ceneri di quel PDL e dalla costituzione del Nuovo Centro Destra è arrivato oggi, nei fatti e nelle cose, un naturale ed inatteso endorsement, “fatto in casa” a favore dell’attuale esecutivo. Oggi si dice così - ed io mi adeguo per non sembrare antiquato e demodé - quando si vuole indicare l’appoggio a un’idea, ad una azione o il sostegno politico a favore di qualcuno. Molto più del terribile “aiutino”e, per giunta, inaspettato!

Sull’altra sponda, il PD aveva provato ad alzare la voce sulla Cancellieri, ma poi si è adeguato e ha fatto  marcia indietro, in ossequio al manovratore.
Epifani ondeggia e si destreggia. Renzi scalpita, ma abbozza. A briglia sciolta, invade i palinsesti delle TV e - mi perdonino gli amici sardi, allagati veramente e in grande sofferenza - li alluviona con fiumi di parole, spesso vuote. 
Gli altri candidati alla segreteria litigano, tra smentite, programmi e tessere gonfiate.

In attesa della decadenza di Berlusconi, ormai imminente, Alfano e le sue colombe governiste - insultate, derise e minacciate - prendono le distanze da falchi, falchetti, pitoni e lealisti, ma non da lui, che rimane pur sempre il loro padre putativo.
Non lo rinnegano, ma distinguono, con estremo sacrificio, la sua personale condizione di condannato, di fatto fuori dalle istituzioni, dalla sopravvivenza di un governo dalle “un po’ meno larghe, ma sicure intese.”  Non per attacchi personali, ma per approccio politico diverso e per costruire il futuro di quell’area. Per il bene del Paese.

Ma, anche perché i Cicchitto, i Formigoni, i Lupi e i Quagliariello sanno bene che per sei anni, e quindi mai più (per motivi anagrafici, avrebbe 84 anni), Silvio sarà premier o candidato ad alcuna carica nelle Istituzioni.
Potrà operare, decidere, agire, intervenire, trafficare dall’esterno, ma il suo nome non comparirà più sulle liste elettorali.

Poi, dovranno occuparsi anche di raccogliere e radunare, nel clan dei moderati, i costumati centristi residuali della traballante Scelta Civica, in fase di annunciato dissolvimento.
Sanno di essere il futuro di quel polo, ma sanno anche che devono freudianamente “uccidere il padre”, se vogliono crescere e superare Edipo.

21 novembre 2013                                                              
                                          AlfredoLaurano                                                                                                                                                                         


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