giovedì 14 febbraio 2019

LA SARTA DI MONTALBANO


Stavolta non mi è piaciuto, ma non ho letto il libro.
Lodevole introdurre nel racconto un tema di così grande attualità come quello dei migranti e degli sbarchi, ma cosa c’entra con lo sviluppo della storia?
Appare slegato, pretestuoso, strumentale e a se stante. Come dovuto per obbligo ideologico e personale, peraltro del tutto condivisibile, nel relativo contesto politico e sociale.
I lontani riflessi con la trama sono un po’ troppo forzati e alcuni personaggi e battute (per esempio, quelli dell’Isis che arrivano con i barconi) altrettanto inverosimili e poco plausibili: il tunisino dottor Osman che aiuta Montalbano nella gestione degli sbarchi ha avuto una relazione sentimentale con la vittima; Meriam, la ragazza magrebina traduttrice è una dipendente della sartoria sempre di proprietà della vittima; poi c’è il flautista tornato nel suo paese e poi imbarcato; il corpo di un ragazzo annegato raccolto da Montalbano; uno stupro consumato a bordo da due scafisti ecc. Tutto troppo casuale da sembrare appiccicato.
Poi, c’è il solito siparietto triste e grottesco della macchietta Catarella, che stavolta supera se stesso in un numero da avanspettacolo anni cinquanta.


Anche l'evoluzione dell’indagine appare abbastanza ripetitiva e poco credibile, come gli altri personaggi sospettati: dall’ultimo amante della vittima, al giovanissimo innamorato con madre iperprotettiva al seguito, al gatto testimone dell’omicidio.
Tra un anniversario di matrimonio a Udine, l’abito su misura del povero commissario e stoffe antiche ma strappate a mano di recente, la storia non decolla, fino a un improvviso finale, un po’ scontato e scollegato, ma soprattutto frettoloso e rabberciato, che arriva a mezzo lettera.
La qualità migliore de “L’altro capo del filo”, ferma l’ineccepibile recitazione del consueto cast (con Fazio e Augello un po’ sotto l’abituale standard) e degli attori e caratteristi aggiunti, è che Camilleri, come sempre, fonde in modo magistrale la fiction con l'attualità e la cronaca, illuminando le sue pagine con amare riflessioni su quanto stiamo vivendo. 
Come accade nello stesso film e nella sua delicata ambientazione. 
12.2. 2019 (Alfredo Laurano)


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