giovedì 14 febbraio 2019

FUORI DAL CORO


E’ sconcertante dover prendere continuamente atto di come il Web, e il suo spericolato uso e abuso, alteri, contraddica, avvilisca o condanni pareri e opinioni di chi interviene in merito a qualsiasi fatto o argomento.
Forse, c’è da premettere che molti non si impegnano più di tanto a capire le vere intenzioni del malcapitato estensore, il significato delle sue parole e del suo pensiero, pur se espresse in buon italiano e grammaticalmente corrette. Anzi, regna e si diffonde una sorta di preventiva contrapposizione, uno spietato e netto “No” a prescindere.
Quasi sempre o molto spesso, si osserva una conflittualità quasi rituale e obbligatoria. Una sospetta antitesi che si traduce in assalto, a volte sfrontato e maleducato, in replica violenta e ingiustificata e, addirittura, in insinuazioni assurde e strumentali, anche di tipo politico.
Chi non la pensa come me, è un cretino, un incompetente, un troll, un infiltrato: dalla follia retorica alla sublimazione ostentata di ruolo, fino alla artificiosa ricerca dell'effetto stupore, anche nei più banali luoghi comuni. Dall’aggressione dialettica contaminata da una forma di presunzione alla Marchese del Grillo, alla ridicola gratuità dell’intellettualismo d’accatto.

E così, nei vari e tanti gruppi social, e anche su una libera pagina come quella creata dai Fan di Andrea Camilleri, ci si attacca e ci si accapiglia intorno all’adattamento televisivo di un suo romanzo: in campo, “l'un contro l'altro armato”, presunti fedeli ed infedeli, ortodossi e dissidenti, integralisti, crociati e critici, si sfidano a suon di commenti, a volte demenziali, in una guerriglia dialettica che si fa ideologica.
Ricordo che non siamo in una setta religiosa di adoratori acefali o di invasati, non apparteniamo a una comunità primitiva di schiavi privi della libertà di espressione e di giudizio. Siamo semplici estimatori di un maestro della letteratura che, a volte, possono non riconoscerlo in una rivisitazione televisiva.

C’è chi non distingue una recensione riferita a un libro o alla sua riduzione filmica; chi non coglie la differenza fra un testo che diventa sceneggiatura, e quindi fiction, e la sua originale autonomia letteraria; tra interpretazioni di attori e personaggi nati dalla fantasia di un grande autore; tra la reciproca aderenza, anche fisica, degli stessi, alle esigenze di cast, di regia, di racconto e ambientazione. E, non ultimo, c’è chi ignora il peso, il riferimento logico e il contributo della cronaca reale all’intreccio della trama, all’economia della narrazione, non sempre così significativa.
Non è consentito avere un’opinione diversa o autonoma, fuori dai parametri previsti dai capitolati dell’obbedienza a un credo collettivo, cui nessuno può imporre l’obbligo di fedeltà.

E allora qualche lapalissiano fallito scrive: “se lo hanno seguito undici milioni persone vuol dire che merita!” Come se ciò significasse, automaticamente, che undici milioni lo hanno apprezzato, ancora prima di vederlo. A costoro, bisognerebbe ricordare che un’opera si giudica dopo, anche perché, prima, si sceglie solo di seguirla, e non si sa se poi piacerà o meno.
“Ma tu l’hai letto il libro?”, dicono altri, come se recensire un film, tecnicamente e nei suoi specifici contenuti, fosse missione proibita e impossibile. O fosse vietato dalla legge guardarlo senza aver letto i milioni di libri che, magari, lo hanno liberamente ispirato.
Oppure, “il tuo giudizio non conta e non vale di fronte al tripudio generale”.
O l’esaltata di turno, in cerca di vana gloria, che denuncia: “avete trovato un modo furbo per distruggere Montalbano. Maniere soft, fingendo di essere dispiaciuti! Che schifo! Siete tutti hacker o tutti troll!”
Sull’onda di questo morboso parossismo emotivo si scivola, via via, oltre il fanatismo, oltre la censura, oltre il pregiudizio fideistico e le incredibili accuse di premeditato fine parapolitico, fino alla difesa, non richiesta e non dovuta, di un presunto guru, creato dalle paranoie di qualche eccitato aspirante paladino.
In realtà, ci troviamo invece a biasimare un attentato di lesa maestà nei confronti di un lucido e grandissimo sovrano che mai accetterebbe questa sciocca battaglia dialettica intorno al suo nome e al suo indiscusso prestigio.
14 febbraio 2019 (Alfredo Laurano)

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