giovedì 21 febbraio 2019

IL PASSATO CHE TORNA

“A guerra sempre tinta è”, la guerra è sempre cattiva, anche quando finisce e diventa solo un capitolo di Storia. Le sue sconcezze, i suoi orrori, i suoi miasmi e le sue scorie tossiche si riflettono a lungo nella memoria delle genti e nella vita quotidiana
Quel diario del ’43 che Andrea Camilleri affida a Montalbano è un pretesto per raccontarla, anche settant’anni dopo, per ricordare la violenza della follia umana che si scontra con il senso della vita, con la voglia di pace e normalità. Ma anche con i vizi e la malvagità dei singoli che, per inseguire insane voglie di ricchezza e di prestigio, non esitano a uccidere, a santificare l’egoismo, salvo poi pentirsi nell’ultima fase della vita, anche attraverso incredibili cospicue donazioni di denaro salva coscienza.
Una favola triste di pura fantasia, ma aggrappata nella sua incredibilità a una realtà che vive e si esprime comunque nel dolore e nella sofferenza. Dove il senso del sacrificio, dell’onore e del dovere sembrano provocare una strage che, invece, scaturisce da un amore struggente e travolgente, offeso nella sua dignità, nella sua ardente profondità.
I motivi della politica si intrecciano con quelli del cuore, le idealità si sovrappongono ai sentimenti puri e personali, in un carosello di emozioni e sensazioni coinvolgenti.

In pochi, essenziali quadri si articola il racconto intenso di una tragica vicenda umana, fra sensazioni, colpe, reminiscenze vaghe, vividi ricordi, memorie condivise e rievocazioni. Una folla di curiosi, armati di telefonino, che assiste come ormai d’obbligo alla demolizione del silos; un distinto e vecchio signore che, quasi accanto, dipinge il porto; un diario che si integra con un altro che lo completa e spiega; una sequenza silenziosa e simbolica, a base di cannoli, che rappresenta l’omaggio, la stima e il dolore; una festa di paese che fa da sfondo a un imperdonabile caso di coscienza, perché il passato, anche il più lontano, non dimentica e non fa sconti; un Montalbano, quanto mai umano e sofferente, seduto sulla sabbia accanto all’annunciato suicida, tormentato e consapevole vendicatore, cui hanno tagliato le radici.
Pathos e commozione costituiscono i segnalibro di quel diario del ’43. Attraversano quelle pagine, anche quelle mancanti, come un ineluttabile fil rouge che non lascia tregua o spazio all’indifferenza. (Alfredo Laurano)





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