giovedì 24 agosto 2017

SAPEURS-POMPIERS


Un anno fa, il terribile terremoto che ha distrutto Amatrice, Accumuli, Pescara del Tronto e tanti altri tanti paesi, frazioni e comuni del centro Italia, che ha ucciso persone ed animali, devastato la vita di intere famiglie, che ha creato migliaia di sfollati che in un momento hanno perso tutto: casa, lavoro, affetti, attività. 
Tutto crollato, tutto cancellato dalla terra e dalla Storia, in pochi istanti, sotto tonnellate di macerie. Che, peraltro, sono ancora lì.

Oggi, giornali, radio, TV, istituzioni e apparati vari ricorderanno la tragedia, con speciali e collegamenti, con commemorazioni e incontri ufficiali. 
Tutti avranno parole di cordoglio e di speranza, celebreranno le iniziative e le parziali ricostruzioni, anche se nei centri più piccoli, disintegrati, non s’è fatto assolutamente nulla e sono stati abbandonati e dimenticati sotto pietre e detriti, mai rimossi. 
Tutti quantificheranno i numeri delle nuove casette costruite e assegnate a sorte, delle scuole, dei negozi e di una certa economia che si cerca di far ripartire. 
Ci saranno veglie e fiaccolate, ma gli originali di quei paesi non ci sono e non ci saranno più: quei palazzetti, quei balconi, quelle piazze, quelle chiese e campanili sono solo polvere e ricordo, o polverose fotografie dell’album della memoria.
Nulla sarà mai più come prima, ma di certo rimane e rimarrà la solidarietà, la vicinanza e l’impegno di privati e cittadini, di volontari e corpi dello stato, che in quelle ore e giorni si sono sacrificati e prodigati per salvare vite, per scavare a mani nude sotto il sole caldo, respirando polvere, per aiutare, estrarre corpi, dare conforto ai sopravvissuti. 


Come, per esempio, i Vigili del Fuoco: tutti li amano, tutti li lodano, tutti li apprezzano e sono loro grati e riconoscenti. Li chiamano anche in TV, li chiamano eroi.
Ma, passata l’emergenza - si fa per dire, visto che ce è sempre una, da qualche parte - di loro non si parla. Non si dice che sono sotto organico, che sono 28.000 anziché 40.000, che guadagnano 1.300 euro al mese per rischiare la vita, per intervenire nelle situazioni più a rischio e più pericolose, sotto il sole o l’acqua o in mezzo alle fiamme. 
Tanta propaganda, quando serve, e poca sostanza e riconoscimenti, se non la considerazione, le congratulazioni, l’abbraccio virtuale di comunità e cittadini. 
Nelle cerimonie ufficiali al Quirinale o nelle altre sedi deputate, questi “eroi” dovrebbero sedere in prima fila, al posto di tanti inutili generali e cardinali.
Ma loro servono solo per il pronto intervento. Sono come tante squadre di fabbri, idraulici, falegnami, meccanici, ingegneri messi insieme, che arrivano, risolvono e salutano, senza nemmeno presentare il conto o la fattura.

In quest’anno, dal sisma di Amatrice a quello di Norcia, passando per la valanga di Rigopiano, fino all’attuale vero dramma nazionale degli incendi, ogni volta lo stesso iter, la stessa, ricorrente ipocrisia. Ogni volta l’impegno oltre il protocollo, fino agli straordinari degli straordinari, fino alla commozione per aver salvato tre bambini, appena estratti dalle macerie a Ischia. 
Lavorano ininterrottamente da mesi e da sempre, urgenza dopo urgenza, in ragione di eventi e disgrazie che colpiscono il nostro Paese, registrando però soltanto chiacchiere, complimenti e pochi fatti. 
Non sarà arrivato il momento di dimostrare finalmente quanto valgano gli amici pompieri, quanto siano necessari, quanto debba esser loro effettivamente riconosciuto? 
(Alfredo Laurano)

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