lunedì 29 giugno 2015

TERRORISMO FINANZIARIO: PRENDERE O LASCIARE

La Grecia, antica culla di cultura e civiltà, è quasi fuori dall’Europa.
Come scrive Marco Revelli sul Manifesto, non si era mai visto un creditore, per stupido che  sia, cercare di uccidere il proprio debitore, come invece il Fmi sta facendo con i greci. Ci deve essere qualcosa di più: la costruzione scientifica del “nemico”.
Un sacrificio esemplare, quindi, per ammonire ed educare tutti gli altri Paesi membri, per ribadire le regole di chi comanda e decide milioni di destini umani.
E’ l’economia che uccide, di cui parla il papa, e la vediamo all’opera in que­sti giorni, in diretta, da Bru­xel­les. Ed è uno spet­ta­colo umi­liante.
Non taglia le gole, non spara raffiche di kalashnikov, non ha l’odore del san­gue e della polvere da sparo (per ora). Opera in stanze asettiche e cli­ma­tiz­zate, ma ha la stessa impu­dica fero­cia della guerra. Della peg­giore delle guerre: quella dichia­rata dai ric­chi glo­bali ai poveri dei paesi più fra­gili.
E’ pur sempre terrorismo: per quello che determina con le sue scelte repressive, per le devastazioni sociali ed economiche che provoca nei suoi sudditi. 
Que­sta è la cinica volontà dei ver­tici dell’Unione euro­pea, della Bce e, soprat­tutto, del Fondo mone­ta­rio inter­na­zio­nale: ribadire con ogni mezzo, che chi sta sotto bagno mai e poi mai potrà spe­rare di far sen­tire le pro­prie ragioni.
L’Europa delle banche se ne fotte allegramente dei propri popoli, perché rende conto unicamente ai Mercati e al Capitale.
La trat­ta­tiva sulla Gre­cia, nelle ultime set­ti­mane, è ormai lontana da un nor­male, per quanto duro, con­fronto diplo­ma­tico, perché  ha assu­nto i carat­teri di una prova di forza, un vile braccio di ferro contro un soggetto debole, denutrito e già molto provato.
E’ evidente la volontà dei ver­tici dell’Unione di sosti­tuire al carat­tere tutto poli­tico del voto popo­lare dato a quel governo, la logica arit­me­tica del conto pro­fitti e per­dite, come se non si trat­tasse di Stati sovrani, ma di Imprese o di Società commerciali.
I ricatti e gli ultimatum imposti al popolo greco portano Tsi­pras e Varou­fa­kis a non essere più inter­lo­cu­tori poli­tici, ma debitori “nemici” di onni­po­tenti creditori, e devono essere schiacciati, offesi ed umiliati.
Perché continuare a spremere un Paese che ha dato tutto quello che poteva e molto di più?
Forse perché vogliono far fuori quel ribelle governo dei sinistri rappresentanti di Syriza, ritenuto assai pericoloso e ostile per gli equilibri e le logiche di mercato e sostituirlo con uno di altri interlocutori moderati, più proni e accondiscendenti - magari di Alba Dorata - dopo eventuali nuove elezioni.
Quello che si sta con­sumando in Europa in que­sti giorni, sia sul ver­sante greco che su quello dei migranti (noi non prendiamo nessuno), è un segnale di volgare egoismo e di forte insensibilità sociale e costituisce la prova di una manifesta incapacità politica  di affrontare e gestire difficili situazioni internazionali.
L’eventuale default di Atene sarà il fallimento dell’Europa, come lo è già nella non gestione dei flussi migratori.
Tsipras non ha accettato l’ennesimo diktat, non ha firmato alcun accordo, non ha tradito nessuno, come qualcuno ha scioccamente titolato. 
Ha risposto con un messaggio di dignità, rivolto ai Greci e al mondo.

(In sintesi)
Cari amici Greci, da tempo il governo greco combatte una battaglia in condizioni di soffocamento economico senza precedenti.
Dopo cinque mesi di dure contrattazioni, i nostri partner, sfortunatamente, hanno rilanciato un ultimatum al popolo greco, che è contrario ai principi fondanti ed ai valori dell’Europa.
Ci hanno chiesto di accettare una proposta che accumula un nuovo insostenibile peso sul popolo ellenico e colpisce profondamente le possibilità di recupero dell’economia e della società. 
Una proposta che non soltanto perpetua lo stato di incertezza, ma accentua persino le disuguaglianze sociali: misure per un’ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, ulteriori riduzioni nel salario minimo del settore pubblico e incremento dell’IVA su cibo, ristorazione e turismo, eliminando inoltre le agevolazioni fiscali per le isole greche.
Queste proposte violano direttamente fondamentali diritti europei, mostrano che riguardo a lavoro, uguaglianza e dignità, lo scopo di alcuni partners e istituzioni non è il raggiungimento di un buon accordo per tutte le parti, ma l’umiliazione dell’intero popolo greco.
In questo momento, pesa sulle nostre spalle, attraverso le lotte e i sacrifici, la responsabilità storica del popolo greco per il consolidamento della democrazia e della sovranità nazionale.
E la nostra responsabilità ci richiede di rispondere all’ultimatum, per il futuro del nostro paese. Ho proposto, quindi, l’organizzazione di un referendum, perché il popolo possa decidere in maniera sovrana.
Al ricatto dell’ultimatum che ci chiede di accettare una severa e degradante austerità senza fine e senza prospettive di ripresa economica, vi chiedo di rispondere in maniera orgogliosa, come la nostra storia ci chiede.
Ad una austerità autoritaria e violenta, risponderemo con la democrazia, con calma e decisione. La Grecia, il luogo di nascita della democrazia, manderà una forte e sonora risposta all’Europa ed al mondo.

E’ quello che speriamo tutti noi, o quasi, che siamo vicini al popolo greco e che possiamo aiutare, almeno col turismo e con gli acquisti, e facendo sentire la nostra voce di protesta e la nostra solidarietà.
Altrimenti, se vor­remo restare umani, dice infatti Revelli, prevarrà la vergogna di essere europei.
28 giugno 2015 (Alfredo Laurano)

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