lunedì 15 giugno 2015

NETIQUETTE

Le critiche che Umberto Eco ha rivolto al mondo dei social, nel suo intervento all'Università di Torino - dove ha ricevuto la laurea honoris causa in Comunicazione e cultura dei media - hanno suscitato un mare di polemiche, di commenti e anche di condivisioni.
In effetti, non ha detto nulla di nuovo o di particolarmente eretico, ha solo ribadito dal suo pulpito privilegiato e autorevole le stesse cose che un po’ tutti noi pensiamo e scriviamo da tempo: internet è una sconfinata palestra internazionale di libertà che favorisce la comunicazione, il dialogo, la conoscenza, la diffusione delle idee, ma che dà diritto di parola anche a legioni di imbecilli che prima chiacchieravano al bar, dopo due bicchieri rosso, e ora hanno lo stesso diritto di dissertare di un premio nobel. E diventa difficile poi distinguere. 

Nel grande contenitore anarchico della Rete, ognuno scarica i suoi pensieri, le sue riflessioni, le sue emozioni, ma anche malvagità, ansie, ossessioni, frustrazioni e limiti. E lo fa con gli strumenti culturali di cui dispone.
Non credo che Eco, come qualcuno banalmente afferma, voglia impedire la libertà di espressione, forse osserva e denuncia la dilagante corsa al volgare strillo quotidiano, all’ottusità, al colpevole preconcetto, al raglio del citrullo telematico e segnala la necessità di individuare ed emarginare il nuovo scemo del villaggio globale, che non è innocuo come il tradizionale, ma fa gravi danni alla comunità.
Tutto questo, ripeto, è sotto i nostri occhi e lo cogliamo ogni momento e ne discutiamo, anche molto vivacemente, frequentando quelle vie informatiche.

Fermo restando il prezioso, irrinunciabile ruolo di circolazione del pensiero e dei principi in ogni luogo, anche dove diritti e libertà non sono sempre acquisiti o garantiti, la struttura comunicativa di internet e dei social network, ovviamente, favorisce anche gli esibizionisti, gli imbecilli, gli ignoranti, i repressi, i malintenzionati, i truffatori e un’altra infinita serie di categorie di variegatissima umanità: che c’è da stupirsi? Constatarlo e rappresentarlo mi sembra elementare, fa parte del semplice buon senso.
Si parla spesso di netiquette, il galateo di internet, cioè di quell’ insieme di regole che disciplinano il comportamento di un utente nel rapportarsi agli altri utenti, attraverso siti, pagine, forum, blog o email, con rispetto, educazione e non come barbari incivili. Ma, troppo spesso questa essenziale esigenza di bon ton viene ignorata e quel fantastico strumento di scambio e apprendimento si svilisce e diventa sfogatoio di pulsioni o vetrina di odiosi pregiudizi. Grettezza, meschinità e cecità della ragione trovano così diritto di esistenza e costante ospitalità.
Non è solo una questione di educazione, di valori, di etica civile e di coscienza critica, ma di possibili forme di manipolazione e mistificazione che, dietro il paravento dell'anonimato usurpano un malinteso senso di autonomia e democrazia.

Non va dimenticato che quelli che usano impropriamente la rete, e si distinguono per la loro miseria culturale e per pochezza e tracotanza, sono gli stessi che poi hanno diritto al voto come gli altri e scelgono non sulla base di convinzioni, confronti o di scambi di opinioni, ma di facili stimoli, slogan e messaggi che i media ed il Potere fanno loro strumentalmente arrivare.
La libertà di parola e di espressione è un diritto di tutti, ma non di coloro che insultano, provocano, offendono, aggrediscono, calpestano il rispetto e la realtà, e diffondono impunemente la propria imbecillità.
L'antidoto contro gli idioti del web dovrebbe essere il silenzio, l’indifferenza, lo scetticismo, non la replica o la censura.
Ma non sempre è possibile o non sempre ci riusciamo.
12 giugno 2015   (Alfredo Laurano)

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