sabato 6 giugno 2015

LA MAFIA DEI CREATIVI

Da Mafia Capitale uno, a Mafia Capitale due: sono i grandi titoli delle due fasi, per ora, dell’opera criminale romana.
Sono la marca, il brand che distingue e definisce il genere, l’attività, i luoghi, più che le specializzazioni, i prodotti o i servizi di specifica competenza.
Dal Mondo di sopra, di sotto e di mezzo, alla Mucca deve mangiare, per mungerla: sono invece gli slogan che li illustrano, li spiegano, ne colgono il significato. Sono l’essenza che li racconta, l’efficace metafora che, da sola, li simboleggia.

Proprio come accade nei film di successo, tipo “Amici miei”, atto 1, atto 2, atto 3, come nei serial, nelle soap, nelle fiction più amate e popolari della TV.
O nelle ammiccanti headline, studiate dai creativi delle migliori agenzie pubblicitarie, per lanciare una importante campagna di marketing su biscotti, auto, creme o pannolini. In questo caso, veicolano il messaggio della corruzione e del malaffare, l’odore dei soldi, il fascino della tangente, ma sempre sotto forma di immagine eloquente e popolare.
Cambia l’oggetto, cambia il prodotto e il target di riferimento, ma la tecnica è sempre quella, sempre la stessa.

Affinità, più o meno elettive, fra due mondi che non si escludono a priori, perché non condizionati da alcun obbligo morale. Dopotutto, anche il peggior delinquente è difeso dai migliori avvocati.
Di quella realtà criminale su più piani, ne evocano il marchio di fiducia e qualità - si fa per dire - in un logotipo grafico, testuale e immaginario che non ha bisogno di particolari forme o colori per rappresentarlo. Perché, come accade nella pubblicità d’autore, una headline per essere incisiva e penetrante, deve catturare subito l’attenzione del lettore/osservatore e riassumere o suggerire il vantaggio del prodotto/servizio proposto.

Così, come - per restare nello stesso ambito pubblicitario - il payoff, per sintetizzare la vocazione del brand, deve avere un obiettivo di comunicazione specifico, diverso da quello attribuito al nome o al simbolo della marca. Deve poter evocare valori ed emozioni che possano rimanere indelebili nella memoria del consumatore o del cittadino-cliente.
Il payoff è quell’elemento verbale semplice, sintetico, facile da ricordare che accompagna il logo di una azienda, che aumenta il suo potere distintivo, che ne accresce la riconoscibilità e la familiarità. Che lo distingue e lo identifica.
Come “Connecting people” di Nokia, come “Just do it” di Nike o “Impossible is nothing” di Adidas; come “Galbani vuol dire fiducia” oDove c’è Barilla c’è casa” o Dash, “Più bianco non si può”.
Sono solo alcuni classici esempi, a tutti noti, che hanno saputo concentrare in una facile espressione l’essenza del brand, riassumendone l’anima e occupando un posizionamento unico e riconoscibilissimo: una breve formuletta che lo trasforma e lo fissa nel tempo.

Come, appunto, è anche la “la mucca che deve mangiare”, dell’atto secondo dell’inchiesta sul brand “Mafia Capitale”: 44 arresti e 22 indagati, fra manager, imprenditori, politici di destra e di sinistra della banda Buzzi - Carminati, coinvolti negli sporchi affari dell’accoglienza.
Anche mafia, camorra e malavita organizzata hanno bisogno di marketing e di validi creativi, magari rozzi, autodidatti o fatti in casa: lo pretende la nuova comunicazione digitale per affermare le proprie strategie, per fidelizzare, per interagire con i clienti, per sviluppare nuove iniziative, per offrire allettanti opportunità di arricchimento, per lasciare il segno del comando.
E ora, pubblicità, ma restate con noi…non cambiate canale, mi raccomando!
5 giugno 2015        (Alfredo Laurano)




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