giovedì 4 ottobre 2018

UNA PROMESSA D'AMORE E DIGNITÀ'

E l’epilogo c’è stato. La storia di donna Carmela e della sua famiglia si è conclusa, più o meno, come sei milioni di spettatori si aspettavano: tra tanto dolore straziante e timida speranza, appunto, di una vita promessa. 
La narrazione puntuale di ogni evento, non è stata mai banale e scontata, ma fluida e scorrevole, pur nella sua molteplicità: ha colpito, stravolto e appassionato, anche se è apparso eccessivo il continuo ricorso ai flashback, che ogni volta aggiungevano un particolare della violenza subita dalla protagonista ad opera di Spanò.
Il viaggio dalla Sicilia verso la “terra promessa”, l’America degli anni venti, coincide con il viaggio verso una “vita promessa”, piena di ostacoli e sventure, alla ricerca di un difficile equilibrio. 
All’interno di questa vicenda di riscatto al femminile, ci sono tutti gli ingredienti necessari a rappresentarla: violenze sessuali, delitti d’onore, omicidi gratuiti, furti, rapine, contrabbando, amori proibiti, lotte sociali e sindacali, disgrazie di tutti i tipi. 
Forse sono troppi e si sovrappongono, danno troppa intensità e pathos al dramma, creano fiumi di ansietà, soprattutto nell’ultima puntata.
Ma è soprattutto la storia di una madre coraggiosa, di una donna che spera in quel domani che dovrebbe rendere tutto diverso e umanamente semplice. Una donna a tratti ingenua, ma sempre capace di intuire quello che sta accadendo, con un sorriso che si accende e si spegne sul volto di una espressiva Luisa Ranieri, già contadina e onesta stiratrice, che riesce a incantare tutti. E non solo il ricco uomo d’affari Amedeo Ferri, troppo preso a fare il bene, di lei e dei suoi figli, da sacrificare il suo profondo sentimento d’amore e devozione: ogni volta che lo deve incontrare spunta una tragedia e tutto si rimanda. Non c’è respiro, né fortuna contro quel fato avverso.
Tutta la vicenda, comunque, ruota attorno a lei, fin troppo bella, secondo il critico Aldo Grasso del Corsera, per il ruolo che deve sostenere (anche nei momenti più drammatici le sopracciglia sono curate in maniera perfetta). Però, senza di lei, l’impianto narrativo non reggerebbe.
Per qualcuno, La vita promessa è un urlo straziante al sapore di cinema. 
Non è comunque un semplice racconto di intrattenimento, un ritratto di famiglia ben fotografato, ma anche un simbolo di speranza, che rievoca ricordi non troppo lontani in un popolo un tempo emigrato, oggi rinchiuso e diffidente nella gabbia dell’odio per chi aspira alla stessa vita promessa.
(Alfredo Laurano)

P.S. Vedi "Quando migravamo noi" del 26 settembre corso

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