venerdì 22 gennaio 2021

CENT’ANNI DI LOTTE, RICORDI E SOLITUDINE /2209

Cento anni fa, il 21 gennaio del 1921, dalla scissione con i socialisti di Filippo Turati e con l’obiettivo di guardare alla Rivoluzione leninista, nasceva il Partito Comunista d'Italia. Amadeo Bordiga, Antonio Gramsci, Umberto Terracini, tutta l'ala sinistra del Partito Socialista riunito al XVII congresso proprio a Livorno, lasciarono il Teatro Goldoni e si diressero all'allora Teatro Carlo Lodovico, poi rinominato Teatro San Marco: qui, appunto, fondarono il Partito Comunista, per fare la rivoluzione che non fece mai - perché rimase comunque riformista quasi vergognandosi - e che segnò comunque il destino della Storia e della Sinistra italiana, che ancor’oggi fa dividere e discutere. 

Se in Russia c'era stata la rivoluzione d’Ottobre, in Italia si erano inasprite le tensioni sociali provocati dalla fine del primo conflitto mondiale. Scioperi nelle fabbriche e nelle campagne spaccavano il Paese. La guerra era finita, ma cresceva la povertà e aumentavano i disoccupati. 
C'erano quelli che volevano fare come in Russia, ma a dar man forte agli industriali e agli agrari, sempre più preoccupati, cresceva il movimento fascista e lo squadrismo era sempre più attivo. 

La cosa curiosa è che tutto questo passava inosservato al Congresso di fondazione del partito. Si discuteva di rivoluzione, di lotta all’imperialismo e internazionalismo, ma nessuno si rendeva conto che in Italia la situazione stava precipitando, nessuno sembrava capire che il fascismo era ormai alle porte 
È uno dei tanti limiti del nuovo partito, tutto preso dallo scontro con i riformisti. 
Nato da una scissione, sembra portare con sé quella vocazione al settarismo che ha spesso caratterizzato la sinistra italiana 
La formazione politica diverrà Pci nel giugno del 1943 e, nel gennaio 1991, Pds, Partito Democratico della Sinistra. 

Tanti contrasti, molti ritardi, contraddizioni, svolte, scissioni e divisioni, più subìte che attuate con determinazione, hanno caratterizzato la storia del grande partito di Gramsci, Togliatti e Berlinguer, che da trent’anni non esiste più. 
Occhetto ne ha officiato il funerale, dando luogo e seguito a una serie di trasformazioni anomale e innaturali, che lasciano rimpianti e un forte senso di vuoto e nostalgia, forse più sentimentale che politica. 

«Manca una sinistra politica con una propria visione critica della società e costruttiva di un futuro possibile. Anche nella crisi di questi giorni c’è qualcosa di quel retaggio - dice Aldo Tortorella, 94 anni, partigiano, direttore de l'Unità, dirigente di primo piano e più volte parlamentare del Pci - oggi c'è una crisi diffusa della liberal democrazia mossa, non da contrapposizioni ideali e politiche o differenze culturali e umane, ma da contrasti personali in cui si innestano i calcoli deteriori e gli interessi personali di un individuo», conclude Tortorella, riferendosi a uno a caso: forse il Matteo rottamatore da Rignano. 
Quello della crisi attuale, quello dei ricatti, dell’ipocrisia e dello “stai sereno”. Quello che ha cancellato quella patina di fierezza e appartenenza a una storia di giustizia e di speranza e sradicato pure quelle quattro fronde di quercia, sotto la quale si scorgeva, quale antica radice, un nobile simbolo, una bandiera. 
Una vergogna, un oltraggio, anche per la sola idea di una Sinistra che non ha più eredi. 
22 gennaio 2021 (Alfredo Laurano)

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