sabato 28 settembre 2019

GRETA, L'ATIPICA INFLUENZER




Dedicato ai tanti detrattori a tempo perso, che l'attaccano per darsi un ruolo e un'apparenza.
Esibizionisti idioti del bastian contrario.




Pierdomenico Memeo  26 settembre

Allora, facciamola semplice semplice. Ci sono mille sfaccettature di questa questione, ma io mi voglio concentrare nello specifico su una sola, che mi tocca professionalmente. Quindi, sarò semplice. Ma non sarò breve.
Divulgazione scientifica significa usare gli strumenti della comunicazione per trasmettere efficacemente le conoscenze scientifiche al pubblico, elevare la consapevolezza riguardo i temi e i metodi della scienza nella cittadinanza, innalzare la cultura scientifica all'interno della società, allo scopo di dirigere e supportare le scelte della collettività verso decisioni basate sulla scienza.
Siamo d'accordo? Bene.

Ora, se una ragazza di 16 anni contribuisce, in qualunque modo, ad ognuno degli scopi sopra citati della divulgazione scientifica, riguardo un problema di portata globale, mi dite qual è esattamente il problema? Perché io le critiche davvero non le capisco. Voglio dire, capisco quelle di Feltri su Libero, lui è quello che è. Ma quelle dei miei colleghi divulgatori proprio no.
"Dice quello che gli scienziati dicono da anni!" Lo so, ma è proprio questo il punto: noi lo diciamo da anni, ma sono molto pochi quelli che ci ascoltano. Quindi, se una giovane portavoce riesce dove noi non siamo riusciti, qual è esattamente il problema?
"Non propone soluzioni!" È vero, ma perché non ci sono "soluzioni", ci sono solo interventi complessi che devono essere bilanciati tra questioni economiche ed equilibri strategici. Ma, se una giovane portavoce riesce a rimettere il problema al centro del dibattito globale, qual è esattamente il problema?
"È una marionetta nelle mani dei poteri forti!" Vabbè, raga, qui mi fermo perché pure io ho dei limiti di pazienza.
"È solo una bambina!" Ah. Ecco. Magari è proprio questo esattamente il problema. Una bambina. Una bambina con una buona storia.

Mettiamo in chiaro una cosa. Sono uno scienziato. Ho una venerazione quasi patologica per i dati. I dati sono la pietra di paragone con la quale cerco di misurare le mie idee, ogni giorno.
Ma sono anche un divulgatore. E questo vuol dire che passo praticamente tutte le mie ore di veglia pensando a quale sia il modo migliore per rendere efficace la comunicazione della scienza. E mi spiace per i colleghi che pensano che si possa comunicare con le persone con i grafici a torta, ma non tutti sono scienziati. Non tutti hanno un brivido di eccitazione quasi sensuale per i grafici cartesiani. Le persone (Sì, anche gli scienziati, eccetto rari momenti di illuminazione epistemologica) funzionano con le narrazioni. Le storie che raccontiamo sono il modo in cui interpretiamo la realtà.
E se una bambina con una buona storia è quello che serve per comunicare la scienza, se una ragazza di 16 anni riesce dove altri hanno fallito, mi dite qual è esattamente il problema?
Sarebbe facile puntare il dito: sul sessismo, sul paternalismo, sulla condiscendenza. Non sarebbe nemmeno sbagliato farlo, perché sono convinto che una larga percentuale delle critiche provenga proprio da lì. Ma non lo farò, perché avevo detto che volevo focalizzarmi su altro.

Io credo che per noi, scienziati e divulgatori, Greta Thunberg così come altri personaggi simbolo, ci metta di fronte ad una questione di fondo del nostro lavoro. Perché per quanto robusti siano i nostri dati, per quanto siamo bravi a comunicarli, ci saranno sempre delle storie più efficaci, che minacciano di spazzare via anni di lavoro. E questo ci spaventa da morire. E allora ci trinceriamo nella nostra nicchia, al sicuro, puntando il dito all'esterno contro le persone che non capiscono, che si fa trascinare da storie e simboli. Ma le persone sono persone. Funzionano così. Beato il mondo che non ha bisogno di eroi. Ma non è questo il nostro mondo.
Abbiamo passato anni a mettere in guardia dai pericoli del cambiamento climatico antropogenico. Abbiamo raccolto dati, abbiamo fatto analisi. Abbiamo elaborato ipotesi e testato teorie. Abbiamo preparato il terreno. Abbiamo arato e seminato. Abbiamo difeso il campo dalle infestanti, abbiamo protetto i semi dai topi, e guardato i germogli dai corvi. E ora è arrivata una nuova generazione, che raccoglierà i frutti del nostro lavoro. È davvero questo il problema? È davvero questa la cosa peggiore che potesse succedere?

Siamo scienziati? Bene, questi sono i fatti. Possiamo ignorarli, e continuare come abbiamo sempre fatto, e deprecare il mondo perché non si adegua alle nostre idee. Oppure possiamo raccogliere la sfida della realtà, adeguare i nostri strumenti senza tradire i nostri ideali, e cercare di fare il nostro lavoro il meglio possibile. Cercando di governare il cambiamento invece di rifiutarlo.
La divulgazione della scienza ha molti volti. 
Sarebbe davvero un peccato se perdessimo di vista l'obiettivo perché non riusciamo ad accettare che il volto in prima fila non sarà quello che avevamo immaginato.

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