mercoledì 21 agosto 2019

UMILIATO CAPITAN COCORICO’


Come non essere d’accordo con Travaglio: Giuseppe Conte ha sottoposto ieri Salvini al trattamento dell' asfaltatura completa, aiutato dall' ennesimo harakiri mediatico del Cazzaro Verde che si è piazzato al suo fianco sperando di spaventarlo e poi riducendosi a fargli le faccette: solo che era seduto sotto, in posizione di minorità rispetto al premier in piedi che lo prendeva a sberle dall' alto al basso, con una lezione di politica, democrazia, diritto parlamentare e costituzionale, ma anche di dignità e di stile allo scolaretto bullo e somaro.
Il quale ha raddoppiato l'autogol parlando subito dopo e rendendo ancor più evidente l'abisso morale, intellettuale e dialettico che lo separa dal premier, con un discorso sgangherato, senza capo né coda: doveva almeno spiegare la crisi più pazza del mondo, invece se n' è scordato o non sapeva che dire. Meglio sbaciucchiare rosari e sacri cuori, fra gli applausi dei leghisti più pii, tipo Calderoli che si sposò col rito celtico davanti al druido.

Il confronto ravvicinato fra quei due modelli politico-antropologici crea, agli occhi degl'italiani, un nuovo bipolarismo tutto nel campo "populista".
Conte, a dispetto della doppia propaganda leghista e sinistrista, non è uomo dell'establishment, né del vecchio centrosinistra. È l'interprete più apprezzato di un populismo-sovranismo dal volto umano che ottiene risultati in Italia e in Europa, diversamente da quello parolaio, inconcludente e dannoso delle destre.
Ora il Cazzaro Verde Cocoricò – che, all’esordio della sua replica, ha dichiarato che rifarebbe tutto ciò che ha fatto, mentendo spudoratamente anche a se stesso - è al punto più basso della sua parabola politica.
In realtà è pentitissimo ed ha provato fino all’ultimo a lanciare segnali di riapertura, a immaginare spirargli, a ritirare la mozione di sfiducia, a lavori in corso. E a baciare ripetutamente il rosario, in segno di sfida, sperando in un impossibile miracolo.
Troppo tardi. Conte, più che al Senato, stava già al Quirinale, dimesso ma non vinto.
Solo il Pd può salvarlo, se gli lascia la strada del voto elettorale.
E pare che, ancora una volta, stia lavorando per lui.
 21 agosto 2019 (Alfredo Laurano)

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