giovedì 2 giugno 2016

ADDIO AL RE

Settant’anni di repubblica, non proprio ben portati, da un Paese che, a dispetto della sua Storia e delle sue infinite bellezze naturali, deve fare sempre i conti con quella spirale di violenza, corruzione e disonestà che lo offende e lo avvilisce. 
Che deve confrontarsi con una democrazia a volte a rischio, limitata e messa a dura prova da discriminazioni sociali, equilibri precari, disoccupazione, malasanità, malagiustizia e malcostume. 
Che ha subito stragi, attentati, mafie, terrorismo e ogni sorta di delinquenza e criminalità.
Da settant'anni, comunque la pensiamo, questo bel volto femminile è l'immagine di un’Italia assai provata e stanca, ma pulita e non delusa. L’altra faccia di un popolo che si riscatta e insegue libertà, legalità e giustizia.  E’ l’icona della nascita della Repubblica che abbandona la monarchia e del primo voto nazionale delle donne: una conquista arrivata dopo anni di battaglie e molto più tardi rispetto a quelle europee e statunitensi.

Da allora, da quel due giugno del 1946, questa famosa foto di Federico Patellani è stata utilizzata per illustrare libri e articoli, mostre e manifestazioni politiche e in occasione delle tante celebrazioni di quella festa: una foto simbolo, una splendida e sconosciuta donna chiamata a impersonare la gioventù e la fiducia di un Paese che guardava avanti, dopo il fascismo, la guerra, le devastazioni.

Oggi, a tanti anni di distanza, quello splendido sorriso e quel significato restano, ma l'anonimato non c'è più: quel simbolo ha un nome e un cognome: Anna Iberti, una giovane milanese di ventiquattro anni, che in quello scatto sulla terrazza dell’Avanti! festeggiava la vittoria al referendum della repubblica sulla monarchia.
La figlia, Gabriella Nasi, vive ancor oggi nell'appartamento dei genitori in un quartiere di Milano, dove custodisce poche stampe del famoso servizio fotografico, qualche giornale con la riproduzione dell'immagine più nota e album di famiglia.
E, soprattutto quella foto storica che tutti conosciamo e che rappresenta il ricordo di una lontana Italia, un po’ vintage e demodè, in quel momento unita e piena di speranza.
2 giugno 2016 (Alfredo Laurano)




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