domenica 4 maggio 2014

DISGUSTO E PREGIUDIZIO




Genny la carogna, figlio del camorrista Gennaro De Tommaso detto il Putrefatto, ha dato l'ok perchè la partita si svolgesse. Era già successo e succederà ancora.
In questo Paese sudamericannizzato, calcisticamente e non solo, non è la questura o la prefettura che decide se un incontro di calcio – ieri sera la finale di Coppa Italia - debba essere giocato.
Se esistono le garanzie per l’ordine pubblico.
Se una folla di appassionati del pallone e di migliaia di bambini, innamorati di idoli colorati e sponsorizzati che, in mutande, perpetuano il mito di Eupalla, possano o no assistere allo spettacolo sul campo. In alternativa, si torna a casa: restano pur sempre le figurine misere di ricchissimi campioni, nell’album o nella fantasia delusa di quei poveri bambini.
Lo decide “a carogna”, o “Spadino”, o Gastone, grandi capi degli Ultras.

Storie di ordinaria, ennesima follia, ormai quasi quotidiana, dove tutto – politica, sport, diritti e legittime proteste – è pretesto per scatenare la violenza, per sfogare la rabbia e la repressione, per confondere la passione con l’intolleranza, l’entusiasmo con il fanatismo e per alimentare una miserabile guerra civile fra incivili.

Un giovane, in fin di vita per una partita di pallone, una decina di feriti, petardi e bombe carta e uno stadio intero, ostaggio di se stesso.

Accade sempre e da quasi sempre, fa parte della cronaca “sportiva”, o gialla, o nera o picchiettata di misantropia. Ogni episodio si ripete e diventa oggetto di altri sterili dibattiti, fra incessante gossip, giaculatorie popolari e sociologismo da permanente talk.

Ma nulla cambia, nemmeno le chiacchiere, le frasi fatte, le  dichiarazioni di circostanza, le ipocrite condanne parolaie. Ci siamo abituati e rassegnati al fatalismo della stupidità.
In tribuna d’onore, il disonore di un Paese rappresentato dalle autorità, incapaci e incompetenti.

Si tratta e si contratta con bande di teppisti, delinquenti e camorristi, anche per una stupida partita di pallone: è lo Stato di diritto, liberale e garantista, che tutela anche l’arbitrio e la vessazione.

È qualcosa di incredibile e incomprensibile. Sembra smarrito il senso comune, il rispetto, l’educazione, la condivisione di semplici passioni, in un clima di paura e d’isteria.    
Ma c’è sempre l’inno nazionale: si chiama Fratelli d’Italia, l’Italia dell’odio, dei petardi e dei coltelli. Che quell’inno non canta, ma fischia con inesauribile disprezzo. E’ il disprezzo della civiltà.
Che schifo di Paese!
4 maggio 2014                                    (Alfredo Laurano)                                                                            
                                                                                                                                                                    

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