venerdì 9 agosto 2013

QUATTRO VESTALI, UN SOLO AMORE


Nell’antica Roma, le vestali erano sacerdotesse consacrate a Vesta, Dea del focolare domestico e della patria. Il loro compito era di vegliare il fuoco sacro alla Dea e mantenerlo sempre acceso, perché  rappresentava la vita della città e la potenza di Roma.
Esercitavano la tutela di un valore ideale, di un principio, con grande intransigenza e rigore;  dovevano essere senza peccato ed aver fatto voto di castità.
Custodivano inoltre dei simboli misteriosi all’interno della Casa delle Vestali, occupavano posti distinti nelle cerimonie pubbliche e godevano di numerosi privilegi.
Ma, la vestale colpevole dell’estinzione del fuoco sacro veniva pubblicamente frustata  oppure, se violava il voto di castità, veniva sepolta viva.

Oggi, abbiamo la fortuna di poter godere, in una riedizione moderna ed aggiornata, di almeno quattro neo-sacerdotesse consacrate al Dio Silvio, sulla cui fiamma perenne vegliano e vigilano, con ogni possibile premura. Come quattro scrupolose badanti, lo assistono, lo curano e lo proteggono dagli attacchi, dai nemici, dagli onnipresenti bolscevichi, dentro e fuori la “sacra casa della libertà”. Tutte pronte al sacrificio, ad immolarsi per lui, anche se non propriamente molto caste e molto pure.

Daniela, la pitonessa sallustiana, è la più feroce ed aggressiva. Determinata e  combattiva, abbaia come un mini-cane da salotto - visto quanti ne frequenta - azzanna come un dobermann, insulta con il garbo di Teresa camionista. Si ritiene aristocratica, superiore e mai doma, ma rivela, appena ringhia, l’ombra cupa del razzismo. E’ piena di veleno che sputa a raffica tra le tante falsità.
Cacofonica e gracchiante sembra un disco assai rigato, incantato nel juke box. Lo stridio della sua voce, sempre afona e irritante, fa venir la pelle d’oca e ferisce il nostro orecchio, come il gesso alla lavagna.
Lei la usa come un’arma che colpisce, taglia e affonda, senza mai provar pietà per i timpani storditi. O ti arrendi o ti sfinisce!

La Carfagna, occhi vitrei e sgranati, sembra l’umile pastorella che ha appena visto la madonna. La vestale  allucinata!
Si propone castigata in tailleur e scarpe ballerine, contro ogni tentazione. Taglio androgino a caschetto e sorrisetto di circostanza stampato tra le guance un po’ emaciate.
La sensuale ballerina ch’era in lei, è scomparsa ormai nelle nebbie dell’etere politico.
Oggi Mara è assai formale e ancor più istituzionale: monacale il portamento, ossuta come in preda a anoressia, l’aria seria da statista e da prima della classe.
Non strilla, non sbraita, non ascolta e finisce sempre il compitino. Non risponde alle domande, non si abbandona alla facezia o a una qualche umana confidenza. Forse le manca un succulento bucatino o un buon bicchiere di spumeggiante vino.
Ma punge come una zanzara fastidiosa.

In tanto luminoso firmamento non poteva non brillare la Stella di Gelmini, la vestale maestrina, quella che ha distrutto la scuola pubblica e l’università e, soprattutto, le speranze di tanti giovani studenti e le carriere di docenti e di ricercatori.  Esperta nella politica dei tagli e della fuga di cervelli, ha assolto il suo mandato facendo finta di aver studiato da ministra.             
Poco prima della sentenza della Cassazione, aveva dichiarato: “Silvio Berlusconi ha tanti primati in politica, nell’imprenditoria, nello sport e pure nella giustizia che solo con lui riesce (la giustizia) ad essere così veloce”.
Si, velocissima, come gli ormai famosi neutrini dell’esperimento del Cern, realizzato - secondo il comunicato ufficiale dell’allora ministro Maria Stella, che fece ridere tutto il Web - in un lungo tunnel dal Gran Sasso a Ginevra, costato 45 milioni di euro. Pensava ci fosse una galleria sotteranea di oltre 700 chilometri che, partendo appunto dall’Abruzzo,  arrivava in Svizzera.
Ma non era solo colpa sua!

Ma la più vestale delle vestali, la più devota delle devote non può che essere la dissonante, disarmonica, esorbitante Michaela Biancofiore, l’adoratrice feticista.
Fisico da cavalla o, volendo, da matura pornostar è la vera innamorata di Silvio, lo adora e lo venera come un vero dio. E’ il suo fallico totem compensativo.
Lo considera l’assoluto, meglio del papa, di Obama, della Merkel e dell’ ex presidente Sarkozy, già definito a suo tempo “un avvocaticchio di provincia”. 

Nelle sue tante perle semantiche, dispensa, al colto e all’inclita, giudizi e proclami di ineffabile evidenza: “Nessuno più di lui sarebbe vero garante dell'unità dello stato, vero padre della Patria e degli italiani. Ha confermato di avere l'Italia nel cuore e una non comune levatura di statista. Ecco perché se si è onesti si deve dire che lui al Quirinale migliorerebbe il Paese"…. “Pensate, che uomo democratico, ha viaggiato in treno come un comune cittadino…” Siamo qui per manifestare il nostro amore per Silvio... E poi, che ne sapete voi se Ruby era o non era la nipote di Mubarak?".

L’invasata amazzone trentina, che fa cantare alla sua sfortunata cagnetta Puggy “meno male che Silvio c’è”, racconta con piacere che quando lo incontrò la prima volta… "fu un'esplosione nel cuore, un marchio a fuoco nella pelle!".
Manco fosse Padre Pio!
Poi, dieci anni di assoluta fedeltà.
Per lui, per salvarlo dai giudici cattivi, ne sono certo, si farebbe stuprare da un esercito di allupatissimi cosacchi.

Quattro mistiche vestali (e quattro in panchina: Ravetto, Bernini, Comi e Di Girolamo), accomunate ormai nel ruolo e nella tattica, che litigano, schiamazzano, squittiscono, interrompono e impediscono agli altri di parlare.
Quattro fiere paladine che non accettano il contraddittorio. Che si alzano e se ne vanno quando non possono completare il loro show, studiato a pappagallo.
Quattro guerriere a difendere l’anziano cavaliere, ormai senza cavallo.

Quattro vestiti, quattro colori, un solo amore! Canta: Milva la rossa.
7 agosto 2013                                                               Alfredolaurano 




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