domenica 25 agosto 2013

EUPALLA RIAPRE IL BOTTEGHINO



Lupe, aquile e asinelli. Zebre, diavoli e grifoni. Riaprono i botteghini dello zoo di Eupalla, "divinità benevola che assiste pazientemente alle goffe scarponerie dei bipedi" (G. Brera).
Oggi riparte il campionato, dopo una lunga, finta ed estenuante campagna acquisti - asfissiante come il clima dell’estate – che ha tenuto, e ancora per qualche giorno tiene, in ansia milioni di tifosi, a rischio disturbo bipolare, fra speranze vive e cocenti delusioni.
Dichiarazioni, “concrete trattative”, titoli a caratteri cubitali, ingaggi e annunci clamorosi, smentite e fandonie - un giorno si e l’altro pure - hanno fatto vendere giornali e chiacchierare sotto gli ombrelloni, nella popolare commedia dell’arte e dei mestieri, che ogni anno si tiene in cartellone.

Come sempre, in programma il solito valzer dei migranti allenatori che, danzando con disinvoltura e rinnovato ardore, rinnovano panchina e presidente. E lanciano proclami e strategie che infiammano la piazza, appena conquistata.
Piccole e grandi star del dio pallone, giovani promesse e anche maturi calciatori, senza mai perder di vista il portafoglio ed il prestigio – alla cui tutela pensano generosi e interessati agenti e prezzolati mediatori – cambiano casa, casacca e colori e lasciano gli stadi che tanto li avevano osannati: “Ringrazio la società e tutti i tifosi…qui sono stato bene…e mai dimenticherò…!
E’ prassi prevista nel copione. Come, peraltro, un filo di commozione che non guasta.

Ormai, son tutti amori stagionali, flirt da una botta e via e…avanti un altro beniamino. Di fama, di grido, sconosciuto, riciclato o scoperto e catturato dagli osservatori esperti, che forse…. “ballerà un solo inverno”.
Le società, sempre più avide, asettiche e pragmatiche, guardano agli aridi bilanci che non prevedono simboli e bandiere, né grandi amori alla “via col vento”. Sceicchi, magnati e novelli paperoni sono sempre e solo nel mercato e investono milioni, comprando a uno e rivendendo a dieci: brocchi veraci  o autentici talenti, non fa alcuna differenza.
E, col prezioso contributo di stampa, di radio e di Tv, locali e nazionali, incoraggiano queste passioni occasionali “usa e getta”,  che in un istante edificano un mito e poco dopo sono costrette a rinnegarlo. In ossequio alla sovranità delle schizofreniche leggi del profitto che demoliscono ogni parvenza di umani sentimenti e non lasciano spazio alla nostalgia.
Tutto, e non lo scopro certo io, è ridotto a merce: la maglia, la fede ed i colori, ed anche i giocatori. Si importano, si esportano, si scambiano, si vendono, si comprano e si prestano al nemico. E si amano nel breve lampo di un sospiro!

Sulle passerelle del fine settimana, degli anticipi e posticipi e dei turni infrasettimanali - tutto sconvolto e diluito per esigenze commerciali e diritti televisivi di network e pay-tv -  non va più in onda “la partita di pallone” che cantava Rita Pavone o Isa Di Marzio nella sua mitica: “io so’ Orazio Pennacchioni e so’ contento, so’ tifoso della Roma e me ne vanto…!” (Campo de’Fiori, trasmissione radio anni ‘60).
Anche l’atteso rito domenicale dello stadio, più sacro quasi della Messa dei cristiani, del pranzo anticipato, della comitiva di amici che si incontrava al bar con bandiere e radioline (per sentire Ameri, Ciotti e i risultati “minuto per minuto”) hanno dovuto cedere agli obblighi di sponsor e palinsesti. E oggi si ritrovano solo nel museo dei ricordi personali o nei film in bianco e nero di quegli anni.

Non va più in onda lo sport, l’agonismo e la palpitazione. Negli stadi, sempre meno frequentati, e alla TV si giocano partite sempre più virtuali e gli atleti in campo, nuovi idoli  dell’era digitale che twittano e postano sui social, son come figurine animate dei giochi alla play-station o santini  incorniciati negli album della storica Panini.

Una volta, quando tutto era semplice e banale, si imparava il calcio e la lealtà sportiva nella parrocchia e nei campetti di periferia, a suon di calci, di corse e di sudore e di ginocchia sbucciate e vilipese. E si cresceva nel mondo del reale e dei valori.
E non c’erano le docce e l’acqua calda.

25 agosto 2013                                                                     Alfredolaurano 

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